Laura Della Pasqua l.dellapasqua@iltempo.it «Come mai ...

Questo per dire che è un falso problema, non esiste, parliamo d'altro». È ironico, sferzante ma anche categorico il segretario generale della Uil Luigi Angeletti. Alla vigilia dell'incontro con la Confindustria sula riforma del sistema contrattuale e nel pieno della polemica sui salari, fissa alcuni pilastri. La polemica sull'inflazione programmata rischia di far saltare il dialogo con il governo e la Confindustria? «Quello dell'inflazione programmata è un problema che non esiste. È una caricatura. Sono anni che noi non prendiamo l'inflazione programmata come riferimento per fare i contratti. Ma come, stiamo per modificare il sistema contrattuale per non avere più ilproblema dell'inflazione programmata e se ne riparla? Non capisco. Questo aveva un senso quando si faceva una politica dei redditi e quindi si stabiliva che prezzi e tariffe non sarebbero aumentati più di tanto. Non essendoci più la politica dei redditi non ha senso parlare di inflazione programmata. È una perdita di tempo. Scommetto che nessuno ricorda quale era l'inflazione programmata fissata dallo scorso governo, un anno fa. Prodi mise nel Dpef un tasso programmato che era ben di sotto delal metà di quella reale ma nessuno ha aperto bocca, come mai?» Ma allora come mai la Cgil ha posto il problema con tanta enfasi? «Ha fatto un ragionamento in astratto. Ripeto, non abbiamo mai fatto un contratto con l'inflazione programmata. Inoltre nella piattaforma che noi sindacati abbiamo sottoscritto e presentato per rinnovare il sistema contrattuale, non compare l'inflazione programmata. È una categoria morta». E allora di cosa si parla nella vostra piattaforma? «Si fa riferimento all'inflazione realisticamente prevedibile. Cosa significa, è una cosa che va discussa». Lei però un'idea ce l'ha, o no? «Penso che bisognerà prendere a riferimento l'indicazione scientifica di qualche istituto qualificato». Quale per esempio? «È una cosa che dobbiamo decidere tutti insieme. Potrebbe essere la Bce, la Banca d'Italia, il Fondo Monetario; ci sono tanti istituti qualificati e d prestigio indiscusso». Confindustria e governo vogliono agganciare gli aumenti alla produttività, che ne pensa? «Siamo d'accordo, nella piattaforma sta scritto anche questo. Per aumentare i salari bisogna uscire da trappola della bassa produttività. Ma il rapporto tra salari e produttività si può fare solo nel secondo livello contrattuale». Quindi strada in discesa con Confindustria? «Niente affatto La Confindustria non è d'accordo che i salari nazionali aumentino quanto l'inflazione reale». Un giudizio sulla Finanziaria? «Quello che ci interessa di più non c'è. Ovvero manca un programma di riduzione delle tasse sui lavoratori dipendenti. Bene le quantità finanziarie modeste, la liberalizzazione dei servizi pubblici e le imposte su petrolieri e banche a vantaggio delle fasce più deboli della popolazione. Ora bisogna vedere se quello che è stato promesso per le liberalizzazioni sarà fatto. Manca un piano di riduzione delle tasse sul lavoro dipendente. Bisogna dare alla gente la speranza che avrà più soldi».