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Storace: «La Destra sarebbe stata leale»

Francesco Storace

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Fuori dalla Pdl. E lei ancora chiede al premier «se valeva la pena fare fuori La Destra»? «Si incominciano a verificare incidenti d'Aula. La maggioranza va sotto alla Camera. Sulla lealtà della Destra non ci sarebbero stati dubbi. Il problema del centrodestra è che fatica a ritrovare la bussola. Con la nostra presenza, ad esempio, ci sarebbero stati meno parlamentari della Lega». Però siete fuori. Ma si è capito il motivo? «Considero innaturale il fatto che non si sia organicamente nell'alleanza. Però la domanda va rivolta a chi ha consentito la presenza alle elezioni dei simboli della Lega, del partito di Lombardo e persino della Dc di Pizza. Ma non c'era spazio per La Destra. Poi, se si pensa a una legge per le elezioni europee, che darebbe fastidio solo a noi, dato che la sinistra si ricompatterà, credo ci sia una vocazione al suicidio». Se le cose stanno così, c'è almeno qualcuno della Pdl che vi cerca oppure vede solo avversari? «Nella politica è difficile trovare amici al massimo si trovano alleati». Ma allora c'è qualcuno che parla con voi? «Io non sono sordo al dialogo. Il problema è che non sento le parole». Ma che futuro ha La Destra? «Ho intenzione di proporre al nostro organo di vertice la convocazione di due giorni a Orvieto la seconda settimana di luglio, per andare poi al congresso nazionale che dovremmo svolgere entro un anno dalla costituente di novembre». A Orvieto si riuniva la destra sociale di An, scelta casuale? «Non direi». E vi riunite per fare cosa, discutere di alleanze con la Pdl? «Adesso dobbiamo pensare a irrobustire la struttura del partito. Di alleanze se ne parlerà al congresso. Per me viene prima il progetto politico culturale». Lo vogliamo ricordare in una battuta? «Noi abbiamo dichiarato di anteporre i valori al potere. Crediamo che spendere per le fasce sociali più deboli non sia uno spreco ma un dovere per lo Stato». Mi pare che i primi provvedimenti del governo vadano in questa direzione. Penso alla carta-sconto per i meno abbienti. «Le politiche del governo non si giudicano giorno per giorno. Altrimenti anzichè fondare un partito avrei fondato un istituto di sondaggi». Ma con qualcuno della Pdl lei parlerà. Dica un nome. «Il sindaco di Roma. Ma in realtà proprio oggi ho firmato una lettera per Berlusconi che spero non dover mai rendere pubblica». Perché? «Lui capirà» Cosa? «Come minimo capirà perchè sono uscito da Alleanza Nazionale». Restiamo sul concreto. Da leader di An, a presidente della Regione Lazio, da ministro a, con tutto il rispetto, consigliere comunale. Anche se della Capitale. Si sente ridimensionato? «Le persone mi hanno sempre chiamato Francesco. E quel nome me lo hanno dato i miei genitori. Fare il consigliere a Roma è per qualunque cittadino, me compreso, una delle cose più belle. Del resto l'oligarchia che regna in Parlamento non me ne fa sentire la mancanza». E comunque lei è in pole-position per la presidenza della Commissione di Roma Capitale. «Sì. Nei prossimi giorni si deciderà. Del resto La Destra ha votato Alemanno a prescindere dalla sua richiesta». Le politiche sono storia passata. Nei partiti già si pensa alle Europee e alle Regionali. Alle Comunali si è candidato a sindaco, potrebbe ritentare alla Regione Lazio? «Io sono pronto a scendere in campo di nuovo. In questi giorni si scopre che le chiacchiere propagandistiche sul disavanzo del Lazio erano a vuoto, rispetto a quello che stiamo scoprendo sul Comune di Roma». La situazione dei conti è così grave? «Le parole di Alemanno e la scomposta reazione della sinistra ne sono la conferma. Sono stati "pizzicati", come si dice a Roma, "col sorcio in bocca"». Un piccolo partito, fuori dalle stanze che contano, senza potere, con due leader, Francesco Storace e Daniela Santanchè, e una sola poltrona. Può bastare per due? «Ci sono anche altri nel partito. Teodoro Buontempo, Nello Musumeci, Stefano Morselli, Roberto Salerno, Stefano Lo Surdo e Tonino Pezzella. Abbiamo personalità di valore che fanno la loro parte con assoluta dedizione. No, non c'è una poltrona per due per il semplice motivo che non c'è la poltrona. Poi è meglio chiarire circa "il piccolo partito". Noi, con 8 parlamentari uscenti e appena 200mila voti in meno dei quattro partiti della sinistra radicale, che di parlamentari ne avevano 150 insieme ad assessori regionali e comunali, siamo nati. Loro, invece, sono morti. Tanto è vero che a Catania abbiamo preso il 27 per cento dei voti». Cosa c'è nel futuro di Francesco Storace? «È più importante il futuro de La Destra che il mio. Ho fatto molte cose, dalla guida della Regione, al ministro ma la più bella è la fondazione de La Destra. Al congresso decideremo chi dovrà guidare il partito. L'importante non è la persona ma il progetto». Anche il manico conta. «A Orvieto renderò pubblica la mia posizione». Grazie. «Prego».

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