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Giovanardi: «Fermiano il tritacarne delle toghe»

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 Lui, oggi sottosegretario, ha aderito da subito al progetto democratico di Silvio Berlusconi, tanto da portare i suoi Popolari liberali nel Pdl. «Si rende conto che mentre noi parliamo, secondo alcune procure io sarei qui in Parlamento con due criminali? Con Andreotti e Berlusconi, intendo. È inammissibile! La criminalità è altro». Mi può spiegare perché è un bene approvare la norma ribattezzata «salva-premier»? «Ma io voglio parlare di Bettino Craxi». Perché? «Perché voglio parlare di un grande leader, che è stato presidente del Consiglio, che oggi è considerato un grande statista non solo da chi lo affiancò nel suo percorso politico, ma anche da chi oggi rappresenta altri pensieri. Un uomo al quale sono stati fatti i funerali di Stato, ma che per uno come Antonio Di Pietro è morto latitante. Voglio parlare di Bettino Craxi, ma potrei fare lo stesso con Giulio Andreotti, emarginato per dieci anni dalla vita politica italiana a causa dei giudici che lo hanno considerato un mafioso. Potrei parlare anche di Arnaldo Forlani o Enzo Scotti e almeno altri cento esponenti politici che sono stati cancellati dalla magistratura. E con loro sono stati cancellati interi partiti: da quello socialista a quello repubblicano. Cancellati dalla scena per via giudiziaria». Si ripresenta lo stesso scenario? «Se noi qui in Parlamento parliamo dimenticando tutto ciò che è stato, di cosa parliamo? Quando viene letta la lettera di Berlusconi dal presidente del Senato Renato Schifani, in Aula la sinistra non può far finta di non sapere cosa è successo dal 1992 in avanti. Non può non ricordarsi che è stata completamente travolta un'intera classe politica e che oggi abbiamo un ex magistrato che grazie alla sua azione giudiziaria è entrato in politica, è seduto in Parlamento, ha fondato un partito ed è uno dei leader dell'opposizione». Antonio Di Pietro si è candidato ed è stato eletto. Che dovrebbe fare? «Almeno dovrebbe evitare di essere proprio lui a scagliare la prima pietra. Fa del moralismo ma non può permettersi di fare il moralista, visti certi episodi passati. Ha messo in carcere molte persone innocenti e mi spaventa che sia ancora uno dei protagonisti di questa Italia. Del resto l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga usò delle parole durissime quando diede il suo giudizio su Antonio Di Pietro e l'Italia dei valori». Torniamo al Lodo Schifani. Lei avrebbe inserito la norma nel decreto sulla sicurezza o in un altro testo? «La norma è uno strumento, ma quello che l'Italia non può più sopportare è l'inserimento dei giudici nella vita politica. Ho vissuto certi scenari, certi fatti, nel 1992, e non so se può ancora continuare in questo modo. Le sembra normale un Paese di questo tipo? Io ho visto circa cento miei colleghi inquisiti: più del novanta per cento poi sono stati assolti nel merito o i loro processi sono stati archiviati. Il problema oggi è un altro». Qual è? «Dobbiamo decidere di maturare e diventare un Paese normale». Non si è fatto nulla? «Certo, politicamente abbiamo portato alle elezioni due grandi partiti. Abbiamo fatto un grandissimo sforzo in termini di semplificazione. Ma siamo nel 2008, non possiamo parlare delle stesse cose del 1992. Qui dobbiamo dire le cose come stanno. C'è una patologia: il ripetersi in modo accanito di iniziative giudiziarie nei confronti di Silvio Berlusconi». Quindi il Lodo Schifani risolve un problema di rapporti tra politica e magistratura? «È giusta la strada che porta alla salvaguardia di chi è stato correttamente e democraticamente eletto dal popolo italiano. Io credo non ci sia assolutamente nulla di male nel Lodo Schifani. Possiamo discutere dei lati tecnici, ma non è ragionevole tutelare l'operato di certe cariche?» Secondo l'opposizione no. «È Di Pietro che condiziona negativamente la situazione, anche se per essere completi bisogna dire che l'errore è stato di Walter Veltroni. Non doveva fare un'alleanza con il numero uno dell'Italia dei valori». Siamo arrivati a un punto di rottura nel dialogo tra Berlusconi e Veltroni? «Se loro prendono la decisione di rompere con noi, mi dispiacerebbe». Pier Ferdinando Casini, leader del suo ex partito, ha detto che le iniziative di queste ore fanno capire perché l'Udc non è al governo. Cosa risponde? «Che ha cambiato idea su questo argomento come su tante altre cose. Si commenta poco un Casini così vicino alle posizioni di Di Pietro». L'azione dell'opposizione a cosa porterà? «Se continua così, se vogliono bloccare questa norma nel decreto sicurezza e lasciare che la magistratura attacchi nuovamente Berlusconi, vuol dire che vogliono mettere in crisi la credibilità dell'Italia di fronte al resto del mondo. Un Parlamento si dovrebbe occupare di mettere a riparo la democrazia. Berlusconi ha accettato di combattere questa battaglia, ma ora deve essere messo al riparo dal tritacarne dei magistrati». In Senato la norma passerà assieme al decreto? «Io so che nella Storia ha sempre prevalso il senso di saggezza. Anche Togliatti fece votare l'amnistia».

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