È indubbio che l'intera sinistra italiana l'indomani della ...
Non sembra sufficiente ritenere, come sembrano fare dalle parti del loft, che la «missione è compiuta», che ci si sta avvicinando a passi spediti verso una normalizzazione del sistema politico italiano che avrebbe ridotto la sua rappresentatività ad un bipartitismo di fatto e che la governabilità sarebbe assicurata dalle due grandi forze che si sono messe in campo riducendo la complessità del sistema politico italiano che ha visto aumentare esponenzialmente i partiti l'indomani della crisi della Prima Repubblica. Il carattere dialogante dell'opposizione, la crescente convergenza politica sui grandi temi dell'economia o della politica ambientale e parzialmente della politica estera, presto o tardi lascerà posto alle inevitabili contraddizioni politiche che separa una visione conservatrice o progressista della società, liberista o socialdemocratica dell'economia e dei rapporti con il mondo del lavoro ed è destinata a modificare anche dinnanzi agli annunciati provvedimenti in materia di sicurezza e sulla libertà d'informazione. In altre parole la politica riprenderà lo spazio che gli è proprio e non sarà semplice per il Premier invocare il motto pragmatico «lasciatemi lavorare» perché anche il suo lavoro, se non verrà condizionato politicamente da un sano pluralismo delle posizioni politiche rischierebbe di fondarsi su un terreno acritico che non è proprio delle democrazie occidentali. Nel terreno della dialettica democratica riprende lo spazio proprio una sinistra che in modo convincente riflette sui propri errori, sui propri ritardi, sull'oggettiva realtà che l'ha vista per ben due volte nel giro di un decennio andare al Governo, con il sistema maggioritario e dopo solo due anni entrare in una crisi che appare sempre irreversibile. Crisi di progetto, ma quel che più è peggio crisi di identità politica e di leadership. È evidente che il sistema bipartitico a cui sembrano tendere i due maggiori leader politici italiani si fonda solo sulla capacità di realizzare dalle scorie della Prima Repubblica dei partiti omogenei e rappresentativi di larghe fette della società italiana che vadano a collocarsi in coerente sintonia con le grandi democrazie occidentali ed europee di cui l'Italia fa parte. Quello che è chiaro, che nessuna delle due grandi forze politiche italiane rappresenta nel nostro Paese il corrispettivo di ciò che rappresentano le grandi socialdemocrazie in Europa, o le grandi formazioni cattoliche democratiche e conservatrici. Entrambe le due grandi forze si configurano, per la loro nascita e per la natura stessa che le compongono come soggetti anomali nel panorama politico europeo, e questa anomalia nella sinistra finirà per essere sempre più evidente alle prossime elezioni europee. Il nodo del Socialismo Europeo anche venisse sciolto con una mediazione di carattere tecnico dal Pd rappresenta la vera e propria ossessione politica e storica con cui dovrà convivere la sinistra italiana nei prossimi anni, rappresentare la sinistra in Italia senza una identità politica dichiarata e certa. Fondare sul vuoto esistenziale e identitario un progetto politico che riguarda milioni di cittadini che si dichiarano e si richiamano ai valori identitari della sinistra, ovverossia dai movimenti politici che discendono dalla Storia del Movimento Operaio in Italia e nel mondo. Per questo l'opposizione oggi soffre ancor di più «l'orrore del vuoto» perché non sa come riempire politicamente una sfida politica che se si gioca esclusivamente sul terreno del pragmatismo di governo rischia di vedere la destra italiana vincente ancora per molti anni nel nostro Paese. Ed è altrettanto per questa ragione che l'impostazione politica su cui sembrano essersi accordati in questa fase la maggioranza e l'opposizione rischia di venire meno dinnanzi alla necessità di riempire quel vuoto politico che mette tanto paura.