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Giulio Tremonti non ha vacillato di fronte alle critiche ...

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Ormai si è esposto ma ha anche ottenuto un risultato politico e di comunicazione: ha spinto tutti a correre dietro alla palla, come una squadra di calcio che gioca male. Tutti a discutere di Robin Hood, tutti caduti nella trappola della metafora scelta dal ministro, e quindi a disquisire dello sceriffo di Nottingham e dei passaggi di denaro tra i poveri e i ricchi. Chi detta le metafore, in fondo, comanda, quindi onore alla scelta indovinata di Tremonti. Ma questo non basta, e allora perché lo fa Tremonti? Il punto di partenza è che i due settori, bancario e petrolifero, lucrano e prosperano più del solito, molto più del solito, non (solo) quando realizzano miglioramenti competitivi o investimenti di successo ma anche per due ragioni indipendenti dalle loro scelte e, perdipiù, dannose per tutti gli altri. Perché l'energia e il credito rendono di più a chi li eroga quando salgono i tassi di interesse e quando sale il prezzo del petrolio. Insomma, quelle che per le famiglie e per le aziende sono disgrazie per i petrolieri e per i banchieri diventano occasioni propizie, oltretutto piovute loro in testa senza alcun merito. Tutto giusto. Ma forse, allora, ci saranno meno investimenti e quindi meno efficienza futura? In astratto sì. Ma l'andamento degli investimenti delle società petrolifere per le loro attività tassate in Italia non è esaltante e non subirà quindi alcun rallentamento drammatico, mentre una certa disponibilità a investire l'abbiamo notata solo per accaparrarsi posizioni di rendita in settori chiave della distribuzione, non proprio l'ideale per i clienti. Le banche hanno realizzato grandi profitti Li hanno usati per espandersi all'estero o per lottare con molta durezza tra loro per conquistare gli spazi residui in Italia, portando in alcuni casi a valutazioni impressionanti, quasi una "bolla dello sportello". Sugli investimenti, insomma, nessuno ha proprio la coscienza così pulita da obiettare contro la tassa. Andiamo avanti con le contestazioni a Robin Hood. Si dice che potrebbe trasferirsi sui clienti parte o l'intero importo della tassa. In sostanza l'effetto sarebbe un aumento del gettito fiscale accompagnato da un parallelo aumento dei prezzi. E' possibile, certo. Però va tenuto in considerazione che, comunque, si tratta di due mercati competitivi. State già ridendo? Non esagerate con il sarcasmo, perché al crescere dei prezzi crescono anche gli spazi per ricavarsi nicchie competitive. E' quanto sta succedendo in questi giorni nel settore bancario: a tassi di mercato che crescono si accompagna una maggiore concorrenza nell'offerta di mutui. Mentre una benzina ancora più costosa porterebbe sempre più aziende verso tentativi di svincolarsi dall'apparente uniformità dei prezzi. Certo, però una tassa è una tassa. Sempre meglio evitare, anche per non abituarsi. Questa è un'obiezione ontologica e alla fine è la più simpatica.

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