Se la sinistra non fa tendenza
Se ne accorgono in questi giorni i maggiori esponenti del Pd che attorno alla questione dell'adesione all'Internazionale socialista giocano una partita più che politica prevalentemente culturale. Le spiegazioni sono diverse. Una fu sintetizzata anni fa, e rubo lo slogan, da una autolesionistica campagna pubblicitaria del Manifesto che si vantava di essere stato ventenni dalla parte del torto. Forse il problema è proprio quello. Non puoi stare in cattedra a vita quando ogni cinque-dieci anni, con un colpo d'autocritica, spieghi di aver sbagliato proprio tutto. La seconda spiegazione sta nelle caratteristiche di quella che chiamiamo destra. Emarginata e criminalizzata quella più conservatrice, declassata quella cattolica, mai presa in considerazione quella berlusconiana. Eppure lì dentro sta esplodendo, forse, una nuova rivoluzione culturale. La destra ha preso coraggio, non ha paura a schierarsi con interlocutori scomodi alla sinistra - penso all'America, a Israele, al Papa tedesco - e costruisce tendenza e egemonia politica. La sinistra è spaesata. Non può dirsi né cattolica né socialista. Le sue espressioni più vivaci, quelle legate al prodismo e al Mulino, sono state soffocate dall'ingegneria costituzionale. La sinistra sociale sembra prigioniera del passato. Quella moderna si occupa di tv e di magistrati e si fa dirigere da un intellettuale di destra come Travaglio e da un Pm di destra come Di Pietro. È tutto finito? Spero proprio di no. Modernità e solidarietà sono stati i fari del vecchio movimento operaio. Se oggi qualcuno saprà tradurre questa coppia culturale nel linguaggio del nuovo mondo, la sinistra ce la farà. Sennò faremo a meno e resteremo a vita apolidi di sinistra. Giuseppe Caldarola