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«Idea scellerata, meglio una city tax o la tassa aeroportuale»

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Perché è una cattiva idea? «Perché la tassa di soggiorno come era immaginata e impostata prima andava a gravare esclusivamnte sugli alberghi e perciò fu abrogata. In sostanza gravando sui turisti che dormono in strutture ricettive significa farla pagare soltanto agli alberghi mentre tutte le altre categorie sarebbero esenti». Ma all'estero si paga? «Non è vero. Si paga soltanto in alcuni Comuni della Spagna e della Francia ed è molto ridotta. Però gli albergatori francesi pagano l'Iva al 5,5% e quelli spagnoli al 7% mentre noi italiani al 10%». Ma crede che una tassa di dieci euro possa creare problemi al turista che viene a Roma una o due volte nella sua vita? «Il turista compra il pacchetto che noi proponiamo in competizione con altri Paesi che, ripeto, sono avvantaggiati da un'iva più bassa. E allora di quegli euro di tassa forse il turista non se ne accorge ma noi sì. E poi perché tutto sulla struttura dove dorme e niente ai ristoranti, ai taxi, ai negozi di cui il turista si serve durante il soggiorno? Noi non possiamo lavorare per pagare le tasse». Quindi tutto sugli alberghi e niente sull'indotto? «Esatto, e non può essere così». E quale può essere l'alternativa alla tassa di soggiorno? «La city tax che grava su tutte le categorie economiche della città e va nelle casse comunali». Oppure? «La tassa aeroportuale è la più semplice. Come avviene in moltissimi Paesi, dall'Argentina a Dubai, il turista quando sbarca paga una cifra che va alla città. Il turista è abituato, non darebbe fastidio e noi saremmo d'accordo». Quindi disponibilità ad aiutare il Campidoglio ma non ad essere penalizzati? «Esatto. Io capisco la situazione difficile del Comune di roma, però va trovata siluzione che non penalizzi come quella che viene ipotizzata». Intanto però a Roma si registra un calo di turisti del 6,3%, che ne pensa? «Che è normale: da un lato perché il turismo a Roma saliva da 7 anni, la crescita non può essere infinita e la Capitale vive quello che vivono le altre città; dall'altro c'è l'euro che ci ammazza e pesa soprattutto su giapponesi e amerciani, cioè le fasce più imnportanti per le città d'arte. Infatti Firenze perde molto più di Roma e Venezia è in calo». E in generale il turismo italiano come sta? «In stasi: abbiamo chiuso il 2007 uguale al 2006 mentre il sistema costi-impresa aumenta e se non crescono fatturati significa che gli utili diminuiscono. Inoltre se aggiungiamo l'euro forte e il calo dei consumi interni, il turismo è la prima voce che si taglia. Il quadro non brillante». Continuiamo a campare di rendita? «Non basta più chiamarsi Italia per attirare turisti. Il nostro Paese è spettacolare e straordinario, ma occorre credere nelle sue potenzialità e promuoverle ma soprattutto occore una politica vera del turismo, non bastano gli interventi isolati. Ieri le mete erano Roma, Parigi, Londra; oggi sono Istanbul, Praga...». E dunque? «Servono infrastrutture, una compagnia aerea che non tagli linee interne e promozione non soltanto verso gli stranieri ma anche verso gli italiani. Come dire, prima di promuovere la Cina, promuoviamo la Sicilia. Si può fare molto - conclude il presidente Bocca - e noi abbiamo fiducia nel sottosegretario Michela Brambilla e speriamo riesca a dare incisività alle politiche del governo per il turismo».

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