O, ancora, la desolazione di vedere poco prima delle ...

Del resto, i maggiori giornali italiani, con i loro potenti marchingegni di politica culturale left-oriented, hanno mostrato di non sapere interpretare il Paese. I filosofi più onorati da quei giornali ci si è accorti che copiano i libri. Coloro che dovevano sovvertire il sapere -come Eco e i suoi sodali del gruppo '63- sono spesso diventati superbaroni accademici. E anche quando, come di recente è accaduto con la Fondazione dalemiana italianieuropei, si affrontano temi centrali come il rapporto tra democrazia e religioni, si resta ancorati a letture di tipo moralistico o politico, lontane anni luce dallo scatto in avanti presente nelle riflessioni di segno antropologico di un Blair o sulla laicità positiva di un Sarkozy. Con una nota di coraggio, qualche giorno fa, l'editore Luca Formenton festeggiando i 50 anni de «Il saggiatore», marchio storico e anche militante, rivendicava l'orizzonte "illuminista" del suo impegno. Ma si tratta, appunto, di vedere cosa si intende oggi per illuminismo. Benigni fa riflettere e piangere gli italiani con Dante ma questo sembra non alimentare nessuna riflessione vera. Al di là di qualche espressione di buonismo, ereditata dalle zone più generiche e sentimentali del cattocomunismo d'antan, o di qualche gridolino dato accodandosi alle rivendicazioni radical chic su aborto e dintorni, non pare di sentire da sinistra i segnali di una riscossa. Non pare appunto che abbiano ascoltato le sonde tremende di Pavese, le accorate analisi di Pasolini, citato ormai come un vecchio zio. Sembrano consolarsi per certe vittorie nel campo del cinema -peraltro ottenute con niente di nuovo, tranne il tratto registico dei due campioni Sorrentino e Garrone. E dunque viene pure il sospetto che uno dei mali della cultura che si proclamava di sinistra era ed è una maledetta vanità. L'attenzione alle passerelle più che ai passi da compiere. È vero, come dice un personaggio nell'ultimo film di Indiana Jones, che il comunismo può trasformare gli uomini da dentro, senza che se ne accorgano, e che dunque la sconfitta politica coincida con la vittoria culturale e di mentalità. Ma tra Indiana Jones e la realtà che vediamo intorno c'è sempre un pizzico di distanza...E invece che le vittorie interiori di quella passione per il mondo che certi autori a sinistra hanno testimoniato, ci pare di vedere tanti uomini e ragazzi trasformati dentro da un pericoloso vuoto. Per questo dico agli amici che si dicono uomini di cultura di sinistra: sveglia! Davide Rondoni