In Europa per sciogliere il nodo Iran

Allora il leader statunitense era convinto di dovere affrontare la «guerra al terrorismo» anche soltanto con gli Stati che condividevano in pieno gli obiettivi della superpotenza, la cosiddetta «coalizione dei volenterosi». Oggi, al contrario, dopo essersi lasciato alle spalle l'interventismo unilaterale, l'America prova a riallacciare stretti legami di partnership con gli alleati europei concordando una comune strategia per le maggiori crisi. I rapporti tra l'Italia e gli Stati Uniti, pur con diverse sfumature a seconda dei governi, sono stati sempre buoni, fin da quando il nostro paese beneficiò del piano Marshall (di cui quest'anno ricorre il cinquantenario) ed entrò a far parte del Patto atlantico. In particolare nell'ultima stagione le autorità americane hanno apprezzato il contributo delle missioni di pace che l'Italia ha inviato in diversi scacchieri di crisi. Nella ex-Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq e nel Libano i militari italiani, per quanto non impegnati direttamente in azioni belliche, sono stati stimati per la competenza e l'equilibrio, con particolare riguardo per i carabinieri, divenuti ormai il più ammirato corpo armato con compiti civili. Il più difficile nodo che l'Occidente deve oggi sciogliere è l'Iran di Ahmadinejad, uno Stato fondamentalista tutto proteso a sviluppare un pericoloso progetto nucleare, nonostante le risoluzioni avverse delle Nazioni Unite e le pressioni esercitate dal cosiddetto gruppo «cinque + uno» inclusivo della Germania. Il presidente Bush, alla luce della nuova linea multilaterale, ha varcato l'oceano Atlantico per chiedere agli europei, e in particolare agli italiani che sono il primo partner commerciale, di accrescere gli sforzi politici e diplomatici comuni verso l'Iran intensificando le sanzioni economiche e dando vita a un cordone di isolamento finanziario per impedire che i petrodollari continuino ad alimentare le reti terroristiche globali. Bush lascerà tra sei mesi la Casa bianca. Ma la sua linea strategica anti-iraniana, che sembra battere tutte le strade politiche e diplomatiche per evitare insieme all'Europa il ricorso alla forza, pur tenendo ferma l'opposizione allo Stato-canaglia, andrà a beneficio del suo successore, sia che si tratti di Barack Obama o di John McCain. Il futuro presidente degli Stati Uniti troverà già impostata una parte di lavoro politico sull'Iran secondo la logica della solidarietà Occidentale che unisce Europa e Stati Uniti.