Filippo Caleri Maurizio Piccirilli Evitato da tutti. Anche ...
Situazione tesa sin dal mattino. Dopo il suo arrivo a Ciampino Ahmadinejad voleva andare in ambasciata ma il servizio di sicurezza del Nocs si è decisamente opposto e ha «dirottato» il corteo presidenziale al palazzo della Fao. Qui l'arrivo di Ahmadinejad rischiava di portare a un faccia a faccia con il presidente Napolitano e allora il cerimoniale ha fatto un equilibrismo strategico facendo uscire il Capo dello Stato prima dell'arrivo in sala dell'ospite. Ospite che si è seduto a poche poltrone dall'ambasciatore israeliano ma, ovviamente, i due si sono ignorati. L'Italia con scelta bipartisan ha quindi ignorato Ahmadinejad che anche ieri al plenum della Fao ha continuato ad attaccare Israele, le Nazioni Unite e l'Occidente. Questo non gli ha impedito di avere colloqui con il primo vicepresidente di Cuba, Josè Ramon Machado Ventura e con il premier giapponese Yasuo Fukuda. Incontri scontati, vista la sede, con il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon e il direttore della Fao il senegalese Jacques Diouf. Ahmadinejad è rimasto nell'ex ministero delle colonie, avrebbe voluto recarsi in ambasciata per l'«salatu al zuhr» la preghiera di mezzogiorno ma la sicurezza ha sconsigliato trasferimenti in una città già congestionata e dove si stavano tenendo diverse manifestazione proprio contro la visita del presidente. Conferenza stampa rinviata di mezz'ora e percorsi alternativi tra i saloni della Fao perché pochi diplomatici e api di stato avevano voglia di incrociare l'uomo che vuole scatenare l'Apocalisse in Medio Oriente. Così dopo la conferenza stampa nella sala Iran al mezzanino, tutta la delegazione iraniana ha fatto un giro lunghissimo per arrivare all'ingresso laterale dove ad attenderlo c'erano le auto blindate. Nella hall infatti stava facendo alcune interviste l'ambasciatore israeliano. Una corsa scortatissima fino a via Nomentana, sede dell'ambasciata iraniana. Qui Ahmadinejad si è rifocillato e ha assolto al «salatu al maghrib», la preghiera del pomerigio prima dell'ultimo impegno romano all'Hilton. Un appuntamento snobbato dalle grandi aziende italiane. Nel salone del centro congressi dell'albergo romano, infatti, solo volti sconosciuti. Di manager delle grandi aziende che hanno avviato rapporti commerciali di peso con Teheran nemmeno l'ombra. Non c'è ad esempio la Finmeccanica guidata da Pierfrancesco Guarguaglini, due aziende del gruppo, la Ansaldo Energia e la Fata, specializzate la prima nel nucleare civile e la seconda nella progettazione di infrastrutture, pur avendo sottoscritto contratti di fornitura, non si sono fatte vedere. Ufficialmente i manager sono tutti a Milano per partecipare al Power-Gen Europe, il salone europeo a cui partecipano i big della generazione energetica. Assenza vistosa anche quella dell'Eni alla cui guida è stato appena confermato Paolo Scaroni. Il gruppo del Cane a Sei Zampe in Iran c'è all'Hilton manda solo manager operativi. Le seconde linee. Mancano tutti. Non ci sono i rappresentanti di Edison del suo ad Umberto Quadrino non c'è neppure l'ombra, e non si vedono facce note della Nuovo Pignone e della Seli, campioni delle competenze ingegneristiche italiane. Infine le banche. Le linee di credito saranno ancor aperte ma di Intesa, Bnl e Mediobanca non c'è traccia fisica. La sensazione che resta è che gli affari con Teheran si fanno altrove.