Napoli Minacce per chi fa le indagini, ordina arresti o ...

È ormai una strategia di attacco totale quella adottata dai Casalesi, la più potente organizzazione camorristica, che negli ultimi mesi ha messo a segno una serie di intimidazioni e agguati senza precedenti nella pur cruenta e ultradecennale storia del clan. Una vera e propria guerra culminata ieri nell'uccisione a Casal di Principe di Michele Orsi, 47 anni, imprenditore che dopo essere stato coinvolto in una inchiesta su camorra e appalti aveva deciso di collaborare con gli inquirenti della Dda. L'ennesimo delitto rappresenta un «salto di qualità della strategia dei Casalesi di attacco ai soggetti che collaborano per contrastare il clan», spiega il procuratore aggiunto di Napoli Franco Roberti. I Casalesi per lungo tempo hanno vissuto sotto traccia, realizzando affari a nove zeri, senza rendersi protagonisti di azioni eclatanti ritenute controproducenti ai loro interessi. La stagione di sangue da poco inaugurata coincide con due importanti circostanze: l'imminente conclusione del processo di appello «Spartacus» che in primo grado si concluse con numerose condanne all'ergastolo nei confronti di boss e gregari e l'improvvisa accensione dei riflettori sulle imprese del clan, anche in seguito agli appelli pubblici alla diserzione dalla camorra rivolti di diversi collaboratori. Forse non è un caso che i primi inquietanti segnali furono le minacce indirizzate il 13 marzo scorso dall'aula bunker di Poggioreale da due boss nei confronti del pm Raffaele Cantone, della giornalista del quotidiano «Il Mattino» Rosaria Capacchione, e dello scrittore Roberto Saviano che con il suo «Gomorra» ha dato per la prima volta una forte risonanza mediatica alla realtà criminale del Casertano, denunciando la pericolosità e il potere tentacolare della cosca criminale. Di lì a poco i Casalesi avrebbero scatenato l'inferno, dando avvio a una campagna contro chiunque intralci i loro traffici. Probabilmente anche una sorta di guerra preventiva per scongiurare il «pentimento» di importanti esponenti del clan. Il 2 maggio a Castelvolurno uccidono il 69enne Umberto Bidognetti, colpevole solo di essere il padre del pentito Domenico. Il quale pochi giorni prima aveva trasmesso un messaggio irricevibile per i boss: «la camorra è il male assoluto e i camorristi solo dei semplici buffoni». Il 16 maggio a cadere sotto il piombo dei killer è l'imprenditore Domenico Noviello, testimone di giustizia, che nel 2001 aveva trovato il coraggio di denunciare gli autori di un'estorsione. E appena due giorni fa solo la prontezza d'animo ha salvato da morte certa Francesca Carrino, 25 anni, nipote della «pentita» Anna Carrino: ha richiuso il portone in faccia ai finti agenti appostati sotto casa e solo uno dei 20 proiettili esplosi dai sicari l'ha colpita. «Pentiti anche tu», era l'appello che la pentita pochi giorni prima aveva lanciato dagli schermi del Tg1 a Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e Mezzanotte. Da sabato scorso tutta la famiglia è sotto protezione. Una tutela che, secondo la denuncia del suo avvocato, non è stata offerta a Michele Orsi. Un delitto annunciato dalle pallottole che nei giorni scorsi furono esplose contro la porta di casa.