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Italia più povera non arriva a fine mese

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È l'Italia fotografata dall'Istat nel Rapporto annuale 2008, che nel 2007 ha visto un rallentamento della crescita e che si piazza così all'ultimo posto in Europa dietro a Francia e Germania. L'Istituto di statistica avverte: l'Italia si trova in un momento di forte difficoltà economica, risalire la china si può ma solo con interventi energici. «Gli investimenti e i consumi delle famiglie sono fermi o in regresso» spiega senza mezzi termini il presidente dell'Istat Luigi Biggeri, che però lancia un segnale di speranza: «Nonostante ciò siamo prudentemente ottimisti, anche se gli investimenti e consumi torneranno a crescere solo grazie a interventi energici». I dati Istat parlano chiaro: una famiglia su tre in Italia, e addirittura quasi una su due al Sud, arriva con difficoltà alla fine del mese. Sempre quasi una famiglia su tre, e cioè il 28,4%, non riesce a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro con risorse proprie o della rete familiare e il 66,1% delle famiglie (oltre la metà) dichiara di non essere riuscita a mettere da parte risparmi nell'ultimo anno. Biggeri sottolinea che il reddito medio in Italia, nel 2005, è di circa 2.300 euro la mese. Anche la casa pesa sul bilancio, soprattutto su quello delle famiglie povere (31,1%). E se in generale il 14% del reddito familiare viene destinato alle spese per l'abitazione, la quota sale al 27% per chi ha acceso un mutuo: vale a dire 800 euro mensili. Tutto questo si traduce in una crescita del Paese sempre più lenta e inferiore alla media degli altri paesi dell'Unione. Il 13% delle famiglie ha un mutuo e paga una rata di 559 euro al mese in media. La rata è lievitata di circa 100 euro in due anni. L'occupazione non va meglio. Sono arrivati a quota 3 milioni gli inattivi, ovvero coloro che smettono di cercare lavoro perchè sono scoraggiati e pensano di non trovarlo. Nel 2007 i disoccupati sono poco più di un milione e mezzo, vale a dire circa un milione in meno rispetto a dieci anni prima. Il pil, segnala l'Istituto di statistica, l'anno scorso ha registrato una crescita, in termini reali, dell'1,5% in decelerazione rispetto all'anno precedente quando si era attestato a +1,8%. Anche qui, però, Biggeri si dice ottimista per il futuro: «Credo che sia pessimistico pensare ad una crescita zero. Abbiamo già acquisito lo 0,2%, per fare crescita zero, bisognerebbe che nei trimestri successivi ci fosse una riduzione».

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