Meno vincoli in Afghanistan
Frattini,giunto a Bruxelles per il Consiglio d'affari generali dell'Unione europea, ha così inaugurato la politica del Berlusconi IV nei territori «caldi» del Medioriente. «Parliamo di flessibilità maggiore - ha spiegato il capo della Farnesina - sul piano geografico, un impiego operativo più rapido, ma non di più uomini» sul territorio. Non ci sarà un impiego maggiore di militari sul campo, quindi, ma soprattutto i soldati non saranno spediti nel Sud dell'Afghanistan, vale a dire sul fronte più caldo del conflitto. Una precisazione, questa, comunicata in modo tempestivo dalla Farnesina quando ieri, per poche ore, si era diffusa la notizia della possibilità di utilizzare i nostri militari nelle zone dove il conflitto è di maggiore intensità. In ogni caso qualsiasi decisione, come la modifica dei caveat in modo da ridurre i tempi di risposta del governo sull'impiego di militari fuori dalle zone di competenza da 72 a 6 ore, verrà comunicata in modo tempestivo al Parlamento. «Ogni spostamento verrà analizzato caso per caso». Il ministro degli Esteri ha voluto comunque confrontarsi con Ignazio La Russa, titolare della Difesa, che ha posto solo una fondamentale condizione all'accordo: non dovranno verificarsi spostamenti stabili delle truppe, ma solo occasionali. Insomma, azioni mirate. «Il ministro Frattini e io - ha detto La Russa - diciamo entrambi che occorre valutare nuove flessibilità, ma questo non vuol dire che i nostri soldati possano essere impegnati tout court necessariamente in zone pericolose. Anche perché i nostri soldati sono già impegnati in punti importanti e delicati». Il capo del Viminale precisa comunque che sono i soldati stessi «a chiederci di operare non come forze esterne, ma come gli altri», per non dare un'immagine dell'Italia inferiore a quella dei Paesi alleati. Trovato l'accordo con Frattini, La Russa punta a due obiettivi. Il primo: «Al momento un impiego fuori area è sottoposto al sì del governo che può arrivare in 72 ore. Bisogna dunque restringere i tempi, rimuovendo gli ostacoli pratici. Vogliamo arrivare a 6 ore», come auspicato anche da Frattini. Il secondo: «Ipotizziamo una forte diminuzione delle forze in campo. A settembre rientreranno 250-300 soldati». Sul fronte del medioriente, il ministro degli Esteri ha anche espresso la posizione dell'Italia rispetto agli ultimi scontri avvenuti nel Sud del Libano. In un'intervista rilasciata al quotidiano di Beirut, Assafir, spiega che bisogna «rafforzare l'esercito libanese, anche attraverso il disarmo delle milizie, specialmente perché questo punto è stato sollevato durante la conferenza di Doha. Quell'accordo - ha spiegato - si basa sul principio della formazione di un governo di unità nazionale, oltre all'elezione del presidente». Un chiaro messaggio al maggiore movimento d'opposizione Hezbollah, quindi, per collaborare per porre fine agli scontri interni al Libano. Che il dialogo in quell'area possa crearsi solo con interlocutori «certificati», Frattini lo ribadisce quando respinge la possibilità che il suo ministero abbia avuto contatti con Hamas. «Hamas sta nella lista delle organizzazioni terroristiche: i nostri funzionari non devono avere contatti con queste organizzazioni, e non li hanno avuti», ha detto seccamente da Bruxelles.