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Serve la spinta della società civile per la «rivoluzione soft» del Sud

Mara Carfagna

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Caro Direttore, la selezione della classe dirigente meridionale è un problema di vitale importanza per la necessaria "rivoluzione democratica del Sud" come ha giustamente sottolineato nel suo editoriale di lunedì. Non c'è dubbio che la nascita e l'esplosione di certa retorica anti-meridionale sia stata incentivata da un certo stile di Governo - per così dire allegro - di tanta parte della classe dirigente del Sud, sia nella Prima che nella Seconda Repubblica. E non credo ci sia nemmeno da discutere sulla qualità della spesa pubblica meridionale. Lei chiede uno sforzo a noi Ministri meridionali. Ci chiede di adoperarci per un ricambio vero e necessario della classe politica del Sud. Le risponderò con estrema sincerità. C'è la volontà, ma essa si scontra con la difficoltà di compiere scelte ritenute da tutti come "giuste", ma poi spesso non "comprese" dall'elettorato al momento del voto. La difficoltà del cittadino-elettore del Sud di esprimere una sanzione morale con l'esercizio dello strumento democratico del voto - a differenza di quanto accade non dico negli Usa ma anche in tante parti d'Italia - è un problema sul quale vi invito ad avviare una seria riflessione. Gli esempi non mancano. La politica, i politici, non sono disgrazie divine. Si è criticato - giustamente - il sistema elettorale delle Politiche, perchè il vituperato Porcellum non prevede le preferenze. Ma ricordo ai lettori che quando ci sono le preferenze, non è che le cose vadano meglio: si pensi ieri alla Prima Repubblica ed oggi ai consigli regionali della Campania e della Calabria, con i loro record di consiglieri arrestati e/o inquisiti. I politici non sono punizioni di Dio, ma sono scelti dagli elettori. Bassolino fu rieletto con montagne d'immondizia per le strade di Napoli. Non dimentichiamolo. Non sto dicendo che è colpa degli elettori, per carità. Ma non gettiamo la croce solo sulla politica, che ha comunque responsabilità gravissime. In primis, quella di non effettuare una selezione della classe dirigente locale su base qualitativa. In politica contano i numeri, vero. Ma se contano sempre e solo i numeri, poi è difficile dare a spazio a nomi e soprattutto ad obiettivi nuovi. Al Sud manca soprattutto lo spirito di missione che deve avere una classe politica degna di nota. Ma - siamo sinceri - manca anche una domanda forte di cambiamento da parte della società meridionale. Se l'offerta politica meridionale migliorerà, molto dipenderà dalla domanda che giungerà dalla società civile. Altrimenti cambieranno gli attori. Ma non il copione.

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