«Se non avessi speranza non sarei neanche prete»
L'arcivescovo del capoluogo partenopeo prova energicamente a fare la sua parte. Eminenza, ma lei ha ancora speranza? «Credo fermamente come uomo, come cristiano, come vescovo che senza speranza qualsiasi avventura non sarebbe realizzabile. Se non avessi questa fede che le cose possono cambiare, possono migliorare, si possono perfezionare non solo non avrei scritto il libro ma non mi sarei fatto neanche prete. Invece questa fiducia enorme mi viene da Cristo, è lui che alimenta questa fede e questa speranza che è nel nostro cuore». Che clima c'è in città? Di rassegnazione, di esasperazione, di disperazione? «Certamente c'è gente che si sente umiliata e offesa. Ma in tanti c'è anche il desiderio in tanti di riscatto, di attesa per un cambiamento della situazione che è arrivata a un degrado davvero indescrivibile». Che cosa si può fare? «Bisogna mettere in campo tutte le forze che abbiamo. Tutti cercando di dare il proprio contributo». E la Chiesa che cosa può fare? «Può dare un suo contributo per l'educazione, la formazione, la sensibilizzazione per i problemi che sono anche di ordine etico e morale. Ma anche le istituzioni possono fare il loro, come pure le realtà scientifiche e accademiche, quelle industriali. Insomma, ognuno ha la possibilità di mettere in campo la propria competenza». In città si respira un'area di sommossa. Sta per sfociare in una protesta clamorosa? «È una ribellione davanti a queste immagini che hanno portato ancora una volta Napoli a essere rappresentata come una città sporca, la città della monnezza. È chiaro che la stragrande maggioranza dei napoletani vive con dignità e fierezza la propria cittadinanza ma tutto ciò procura una specie di ribellione». Lei è arrivato a Napoli solo da qualche anno. Immaginava di trovarsi di fronte questa situazione di sfacelo? «I problemi ci sono, ci sono sempre stati. Ma anche quel poco che ho potuto fare è sempre stato per cercare di mettere tutti assieme per risolvere questi nodi». Ma quello dei rifiuti dura da quindici anni. «Dura da tanti anni, è vero. Come anche quello dei rom. Si attende una risposta definitiva». E quale può essere? «Be', per cominciare devono darla coloro che sono responsabili. Ma tutti devono cercare di fare squadra». I responsabili dovrebbero uscire di scena? «No, non spetta a me dare questi giudizi. Non posso e non devo. Parlo non delle persone, ma delle forze che sono in campo». La fiducia nelle istituzioni è crollata, l'ultimo baluardo è rimasta la Chiesa? «Non lo so. Come Chiesa noi cerchiamo di educare al senso civico, al senso sociale, facendo sempre emergere quei valori di ordine morale e religioso, rinforzando i nostri fedeli, dando loro delle basi a cui riferirsi. Noi cerchiamo di non far morire la speranza, non farla rubare». Che cosa si aspetta per domani (oggi, ndr)? «Aspetto che ci siano delle indicazioni pratiche per la soluzione». È fiducioso? «Sono un uomo sostanziato di speranza». F.d.O.