Travaglio non si scusa, Schifani lo querela

Il riferimento è alla puntata di sabato della trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa durante la quale Marco Travaglio aveva accusato Schifani di avere «amicizie mafiose». Il giornalista, che in questi giorni ha più volte chiesto al diretto interessato e quelli che lo attaccavano di smentire le sue affermazioni, ha commentato con una certa soddisfazione la notizia: «Quasi quasi mi sta bene. Finalmente ci sarà una sede che potrà appurare se ho detto la verità». Domani, intanto, il caso sarà all'ordine del giorno sia del consiglio di amministrazione della Rai che dell'Autorità per le comunicazioni. Per quanto riguarda viale Mazzini Travaglio, che ha un contratto di collaborazione con la trasmissione di Michele Santoro Annozero, potrebbe essere richiamato all'ordine e subire sanzioni. Più complessa la situazione dell'Agcom che non tutti considerano competente su questioni editoriali che riguardano la Rai. Ma dietro la vicenda Travaglio sembra nascondersi un'altra battaglia: quella per il controllo di viale Mazzini. Il Cda scadrà a fine maggio e Pd e Pdl sono già in movimento. La legge prevede che sette membri su nove vengano eletti dalla Vigilanza, mentre la nomina del presidente diventa effettiva solo con il voto a maggioranza dei 2/3 della commissione. È chiaro, quindi, che prima di tutto occorre piazzare uomini fidati a Palazzo San Macuto. Nell'opposisizione il nodo più delicato da sciogliere è quello della presidenza. La vuole l'Idv di Antonio Di Pietro, ma difficilmente il Pdl accetterà. Così, nelle ultime ore, sono spuntati i nomi di Giorgio Merlo, Fabrizio Morri e Marco Follini (quest'ultimo sembra favorito). Nel Pdl invece, sono i piccoli a fare rumore. «La presenza dei partiti del Pdl - spiega il diniano Giuseppe Scalera, ex membro della Vigilanza - è una clausola di garanzia per un serio equilibrio del sistema radiotelevisivo». Forse per evitare «spargimenti di sangue» (e magari guadagnare un po' di tempo) Walter Veltroni ha chiesto di non procedere alla nomina di un nuovo Cda con le vecchie regole della legge Gasparri. Secca la risposta di Gasparri: «Rinviare il rinnovo vorrebbe dire paralizzare l'azienda e metterla in ginocchio. La legge c'è, i tempi sono chiari, non c'è ragione per lavorare contro la Rai, come propone la sinistra».