Chissà se Walter Veltroni lo ha fatto pensando a loro. ...
Per il titolare del Welfare Maurizio Sacconi, d'ora in avanti, «ci saranno le condizioni per una nobile gara verso le migliori soluzioni tra maggioranza ed opposizione e non è inciucio, proprio l'esatto contrario. Questa è una competizione al meglio e per il bene comune. Ci sono tutte le condizioni per una competizione virtuosa». Soddisfatto anche il ministro leghista Roberto Calderoli (che contesta l'esistenza, nel governo-ombra, del ministro per l'Attuazione del programma), mentre Giulio Tremonti lo promuove a metà. «È una cosa saggia - spiega il numero uno di via XX Settembre -, poiché un confronto è fondamentale». Anche se, aggiunge, quello del Pd «mi sembra una squadretta d'allenamento, ma serve anche quello». Insomma nel Pdl la mossa di Walter raccoglie consensi. Non è così nel Pd dove esplodono i malumori. Anzitutto quelli dei prodiani esclusi sia dal «governo-ombra» che dal coordinamento che affiancherà Veltroni nella guida del partito. Intervistato da La Stampa Arturo Parisi non risparmia critiche. «L'ufficio politico - esordisce - poteva essere rappresentativo di tutto il partito, poteva essere unitario, ma Veltroni ha deciso in un altro modo. Ciò non potrà non avere conseguenze. Noto che le scelte sono fatte solo all'interno del perimetro della maggioranza. Ne prendo atto ma se il segretario si illude di monopolizzare il dibattito sbaglia». Quanto all'esecutivo dell'opposizione Parisi si limita a sottolineare che avrebbe preferito «un ringiovanimento maggiore della compagine» me ricorda di aver «sconsigliato» che i ministri del governo Prodi rivestissero cariche nello shadow cabinet. Nel frattempo, dopo aver perso la Sinistra giovanile, il Pd perde anche Mario Adinolfi che, alla riunione del coordinamento, giovedì prossimo, si presenterà dimissionario. Di più, il blogger si dice pronto a organizzare «l'opposizione agli sconfitti-inamovibili del loft». Con lui si schiera Ivan Scalfarotto: «L'impressione è che i notabili del partito stiano facendo di tutto per normalizzare la situazione, per ridurre al minimo la spinta propulsiva del Partito Democratico, la speranza di innovazione e di cambiamento che per tanti ha rappresentato». Mentre il segretario del Pd piemontese Gianfranco Morgando chiede un «generale ripensamento del modello organizzativo nazionale che superi la personalizzazione e apra il gruppo dirigente ad un vero rinnovamento». Insomma la strada per Veltroni è ancora lunga.