Mantovano (Pdl): "Fenomeno da monitorare, pericoloso e sommerso "
Misurale parole l'on. Alfredo Mantovano - ex magistrato e sottosegretario agli Interni nel precedente governo Berlusconi - dinanzi allo scoop de «Il Tempo», ma ovviamente conosce bene le dinamiche del fenomeno. Onorevole Mantovano, un fulmine a ciel sereno? «No, assolutamente. L'azione dell'altro giorno non è né occasionale né isolata, ma si inserisce in un quadro già conosciuto che si è andato consolidando negli anni». Come giudica «tecnicamente» il volantinaggio di Porta Portese? «Quello nel quale si è sviluppato non è una quadro necessariamente di eversione fattiva: non basta un volantino per evocare un'attività di terrorismo. Di sicuro, però, è un modo per lanciare il messaggio "noi ci siamo" a chi sta in carcere per reati terroristici». Prodromi delle nuove Brigate Rosse? «No, parlerei piuttosto di continuità di un fenomeno che è già conosciuto da tempo e del quale si è parlato poco negli ultimi due anni». Una strana coincidenza o c'è un perché? «Nessuna coincidenza e il motivo è facilmente spiegabile: quello che agita le acque dell'eversione è un mondo al quale hanno attinto alcune frange di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani. E la testimonianza di questa connivenza è scritta negli episodi clamorosi, pubblici, che hanno visto bruciare le bandiere americane, israeliane e italiane alla presenza di alcuni leader politici, primo fra tutti Oliviero Diliberto». In tal senso, qual è la sua analisi politica del precedente governo? «Ho l'impressione che negli ultimi due anni non ci sia stata l'attenzione necessaria per monitorare e contenere lo sviluppo del fenomeno terroristico. Fondamentalmente è dipeso da linee di confine non nette tra frange del mondo dell'eversione e frange parlamentari che nulla hanno fatto per negare il proprio coinvolgimento». Cosa dovrà fare l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi? «Intanto il nuovo governo è chiamato, attraverso le proprie strutture investigative, a descrivere il fenomeno per quello che esso è sia dal punto di vista della quantità sia della qualità. Quindi, innanzitutto occorrerà procedere a un censimento particolare: non ricorrendo solo a una semplice "conta" dei terroristi, ma anche identificando i profili dei soggetti e le potenzialità di pericolo. Poi, una volta configurato allo stato attuale di organizzazione il fenomeno, la parola passerà all'autorità giudiziaria per capire quali sono i reati ascrivibili». Quali sono i reali ipotizzabili per la recentissima vicenda di Porta Portese? «Possono essere tanti ma, ripeto, al momento è azzardato lanciarsi con attendibilità nella composizione degli stessi. Comunque, si possono ipotizzare figure associative che vanno dall'associazione sovversiva alla banda armata. E ci sono, altresì, figure di reato introdotte nel 2005 che individuano reati di apologia e di istigazione al terrorismo contenute nel decreto Pisanu, varato all'indomani degli attentati a Sharm e a Londra» Un decreto inosservato? «Certamente negli ultimi due anni, quelli del governo Prodi, non è stato fatto nulla. Al contrario, in quello precedente il ministro Pisanu forniva attente e puntuali relazioni in Parlamento sull'evolversi dell'applicazione del decreto e, di conseguenza, sullo stato del fenomeno eversivo». Che fine hanno fatto gli anarco-insurrezionalisti? C'è un legame recente con le nuove Br? «Poco più di un anno fa legami sono stati evidenziati all'interno dell'"Operazione Tramonto", condotta in alcune regioni del Nord. Per quanto concerne nello specifico gli anarco-insurrezionalisti, non escluderei che costoro abbiano scelto negli ultimi due anni un profilo basso per non perdere il vantaggio di una rappresentanza, più o meno silenziosa, all'interno dell'esecutivo appena sconfitto».