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Ormai Silvio Berlusconi è vicino alla soluzione del puzzle ...

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Risolto il problema su chi sarà il Guardasigilli (ormai sembra scontata la decisione per Marcello Pera), resta incerto il futuro di Elio Vito, tenuto conto che la casella dei Rapporti con il Parlamento è occupata al momento da Paolo Bonaiuti, lo stesso vale per Sandro Bondi ai Beni Culturali e Maurizio Lupi alla Funzione Pubblica. Ad ogni modo, il clima che si respira nella maggioranza è di ottimismo. Tutti scommettono che tra domani e martedì sarà definita la squadra, anche se resta aperta la partita sul Welfare. Gianni Alemanno l'altro ieri, Maurizio Gasparri ieri, insistono sul fatto che il posto tocca a un esponente di An e il futuro capogruppo del Pdl al Senato rilancia il nome di Andrea Ronchi. Ma in gara c'è anche l'azzurro Maurizio Sacconi. Ex sottosegretario del Psi, protagonista assieme a Bettino Craxi di battaglie come quella contro il Pci di Enrico Berlinguer sulla scala mobile, è considerato da molti l'uomo giusto al posto giusto. Anche nell'ultimo governo Berlusconi lavorò a fianco di Roberto Maroni. Ma An, almeno per ora, non si dà per vinta: «È ovvio - commenta Gasparri - che anch'io leggo i giornali e come tutti leggo il suo nome. Riconosco che Sacconi è una persona preparata e competente, tuttavia in questi casi bisogna affrontare prima di tutti i nodi politici». Questo stallo potrebbe comunque essere risolto con una mediazione grazie allo «spacchettamento» del ministero in tre diverse responsabilità, in modo da accontentare tutti. Il Lavoro potrebbe andare a Sacconi, la Solidarietà sociale a Giorgia Meloni (An) e la Salute a un viceministro «tecnico» (da giorni si parla di due medici vicini ad An come l'immunologo Ferdinando Aiuti e l'oncologo Francesco Cognetti). Dopo la bufera di due giorni fa, anche ieri la politica s'interroga sul veto posto dalla Libia alla possibilità che Calderoli diventi ministro. I leader del Pdl, Berlusconi in testa, con il loro silenzio mostrano di voler trattare la vicenda con grande prudenza. Già venerdì era emersa la volontà di ottemperare a due esigenze divergenti: non arrivare a uno scontro frontale con la Libia, ma nemmeno dare l'impressione di essere deboli di fronte all'interferenza di un paese straniero. Una linea confermata da Fabrizio Cicchitto, che fa sue le parole del vice segretario della Lega Araba: «Sono del tutto inaccettabili - osserva il numero due azzurro - intromissioni estere da qualunque parte provengano sulla formazione del governo del nostro Paese. In ogni caso, ha impostato correttamente il problema Ahmad Ben Helly, il quale ha affermato che una posizione potrà essere presa dal mondo arabo solo alla luce della politica che farà il governo Berlusconi». E l'intervento del ministro degli Esteri Massimo D'Alema a difesa delle prerogative del futuro premier sembra chiudere il caso, almeno sul fronte italiano: «La formazione e composizione del nuovo governo è una questione interna, regolata da precise disposizioni costituzionali», dice il responsabile uscente della Farnesina. Ormai è chiaro come le critiche libiche al dirigente leghista abbiano prodotto l'effetto opposto. Chi nelle settimane scorse, anche nella Pdl, non vedeva di buon occhio una sua nomina a ministro, oggi è consapevole di come l'intervento del figlio di Gheddafi possa aver blindato Calderoli alla poltrona che gli era stata promessa. Intanto, contro la Lega, e in particolare contro Umberto Bossi, si scaglia Arturo Parisi. Stavolta l'Islam e le magliette contro Allah indossate da Calderoli non c'entrano. L'obiettivo è il Senatur, «antitaliano» per aver criticato il Tricolore. «Come farà - si chiede Parisi - a giurare, da ministro, onore e fedeltà alla Repubblica se prima non avrà »pubblicamente ritrattato le dichiarazioni antitaliane che ha appena rinnovato?. E come farà An a fare i conti con l'atteggiamento leghista?».

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