Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Evidentemente i dirigenti dell'Udc non accettano questa ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Un paragone suggestivo, ma in concreto improponibile. Troppo diverso il quadro parlamentare e politico, troppo diverso l'insediamento elettorale dei due partiti e, absint iniuria verbis, troppo diversi i personaggi. Le maggioranze del centrosinistra erano autosufficienti sul piano parlamentare anche se scarsamente autonome sul piano della strategia politica, insidiate come erano dall'abilità manovriera del Pci e dalla sua capacità di egemonizzare l'opposizione sociale. È in questo quadro, dunque, che La Malfa poteva esercitare la sua funzione di stimolo e di «coscienza critica» nei confronti della maggioranza programmatica. Mai, in tutti gli anni del centrosinistra, il Pri si trovò all'opposizione rispetto alla formula politica. Non è una differenza irrilevante. Nel bipolarismo meno precario, voluto da Veltroni e da Berlusconi, e ratificato senza incertezze dagli elettori, cambia tutto. Collocare l'Udc all'opposizione del governo di centrodestra, dopo aver insediato in questa parte dello schieramento un'intera generazione di elettori, è un'idea che suona eretica e un po' bislacca. Si può comprendere, con qualche difficoltà, la scelta di presentarsi agli elettori nel segno dell'autonomia organizzativa. Non si comprende affatto, invece, lo strappo politico. Se davvero Casini punta al ruolo che fu di La Malfa negli anni Settanta, ha davanti una sola uscita di sicurezza, per recuperare sul piano politico una funzione altrimenti irrilevante sul piano elettorale: votare la fiducia al governo di Silvio Berlusconi e, dunque, riservarsi di valutare di volta in volta i singoli provvedimenti del governo. Ciò consentirebbe a Casini di salvaguardare quel minimo di credibilità politica grazie alla quale in passato è stato premiato dagli elettori. La lealtà all'alleanza è stato il credito maggiore accumulato dall'Udc dal 1993. Lo sa bene Casini. Che può sempre consolarsi guardando alle peripezie cui è costretto Roberto Formigoni. Per la seconda volta in due anni, il governatore lombardo è stato costretto a risalire oltre la linea del Rubicone. Una ritirata strategica, secondo gli amici, una sconfitta a giudizio dei suoi non pochi detrattori. Ammaestrato dall'antica sapienza democristiana, Formigoni sa che la Quaresima è il tempo di un'attesa che può essere infinita. Ma lui ha scelto di attendere. Massimo Delle Cioce

Dai blog