Disfatta Labour, processo a Brown
Che ruolo abbiano avuto tette e Bmw nella vittoria del conservatore dandy Boris su Ken «il rosso» Livingstone, sindaco laburista della capitale britannica negli ultimi otto anni, non è ben chiaro ma di sicuro è iniziata per la Gran Bretagna, dopo un decennio di totale predominio laburista, una nuova era: i tories - una forza a lungo spenta dopo la batosta elettorale del 1997 per mano di Tony Blair - hanno rialzato la testa e grazie ad un pittoresco e clownesco personaggio come Boris hanno addirittura espugnato Londra, storico feudo della sinistra. Brown appare ormai ridotto a quello che gli americani chiamano una «lame duck», un'anatra azzoppata. Lo spoglio delle schede ha confermato la scorsa notte che cosa i sondaggi mandano a dire da parecchi mesi: i laburisti del tartassato e traballante Brown sono in spettacolare flessione. Il potere li ha logorati, non sono più in empatia con un elettorato in forte ansia per i rischi di una protratta recessione economica, non riescono a formulare nuove idee, nuove strategie. L'uscita di scena di Blair - diventato molto impopolare a causa della disastrosa guerra in Iraq - non ha migliorato la situazione. Al contrario l'ha aggravata. Malgrado possa vantare un bilancio piuttosto positivo, soprattutto nella gestione del traffico e nel potenziamento del servizio autobus, Livingstone è stato sconfitto a Londra in modo tranciante. Boris (i media lo chiamano così, il cognome è superfluo per questo giornalista tutto genio e sregolatezza diventato molto popolare tramite la televisione per le battute senza peli sulla lingua, politicamente scorrette) ha fatto breccia insistendo sulla necessità di una guerra più accanita alla micro-criminalità, in particolare quella che infesta autobus e metropolitana. Tra prime e seconde preferenze il quarantaquatrenne Johnson (portatore di un cambiamento generazionale rispetto al sindaco uscente, di diciannove anni più vecchio) ha preso il 53,2% dei suffragi contro il 46,8% di Livingstone. L'affluenza alle municipali del 1 maggio - al 45% - è stata più massiccia nei quartieri-bene bianchi che votano tradizionalmente a destra. Ken «il rosso» ha tenuto soltanto nelle zone a più alta concentrazione multietnica. Nei prossimi quattro anni (fino quasi alle Olimpiadi del 2012) la metropoli britannica sarà dunque in mano ad un rampollo delle classi alte (come dice il suo nome per esteso, Alexander Boris de Pfeffel Johnson) che all'università ha studiato latino e greco antico e finora non è sembrato nemmeno in grado di gestire nemmeno i conti di casa sua. Una carenza alla quale il partito conservatore ha assicurato che rimedierà affiancandogli manager di grande valore. Per Brown, subentrato a Blair sulla poltrona di primo ministro alla fine dello scorso giugno dopo anni di smaniosa e avvelenata attesa, la perdita di Londra è senz'altro un colpo durissimo. In Inghilterra è ripreso il tam-tam sulla sua possibile defenestrazione: non subito ma il prossimo autunno. David Miliband, attuale capo del Foreign Office e fedelissimo di Blair, appare in pole position.