Goffredo Bettini

Anche la sfida del Partito democratico e il futuro. Il coordinatore nazionale del Pd, Goffredo Bettini, regista del centrosinistra romano, non usa mezzi termini e disegna la seconda fase dello sviluppo della città. Presidente Bettini, siamo a poche ore dal voto per le Amministrative. Come crede che andrà a finire? «Sono fiducioso perché a Roma abbiamo fatto tanto. Prima Rutelli poi Veltroni hanno trasformato una città sonnolenta e priva di prospettive in una metropoli moderna che ha raggiunto risultati straordinari. Voglio ricordarlo perché di fronte alle invettive sul degrado noi possiamo contrapporre dati incontrovertibili elaborati da Confindustria e Istat che dicono che Roma è cresciuta per ricchezza, occupazione, natalità delle imprese, infrastrutture, servizi avanzati e cultura. Certo, come tutte le aree urbane ci sono mille problemi ancora da risolvere». Come mai sembra che in campagna elettorale il degrado pesi di più dei miglioramenti realizzati negli ultimi quindici anni? «Ricordo che sul degrado negli ultimi mesi c'è stata una campagna mediatica davvero impressionante. Mi domando perché se a Milano ci sono atti criminosi e violenze sulle donne la questione non assume il sapore politico di un'accusa diretta al sindaco Moratti mentre a Roma questi stessi episodi meritano l'apertura del Tg1 e la chiamata in causa di Veltroni e del centrosinistra. Tutto ciò è poco serio. Per una forza democratica e di sinistra la legalità è la priorità perché l'insicurezza colpisce soprattutto i ceti più deboli. Chi ha la Mercedes, le guardie del corpo e vive nei quartieri alti può certamente dormire sonni tranquilli ovunque. La legalità è un valore democratico e di sinistra anche perché noi della violenza combattiamo tutti gli aspetti, pure quelli culturali: le svastiche negli stadi, così come i saluti romani. Lavorare per una città sicura significa reprimere con vigore ma nello stesso tempo costruire una città aperta, solidale, in cui ognuno sostenga chi gli sta vicino». Se a Roma vincesse il centrodestra che conseguenze ci sarebbero per la capitale e, politicamente, per lei e l'ex sindaco Veltroni? «Per scaramanzia non prendo nemmeno in considerazione l'eventualità ma non voglio dribblare la domanda. Certo per Roma il colpo sarebbe pesante: tornerebbe la politica che abbiamo dovuto sopportare prima del '93 ma sono convinto che anche nella situazione più difficile il Pd, che a Roma ha conquistato il 41 per cento dei consensi, saprebbe tenere botta e ripartire». Non pensa che il modello Roma abbia bisogno comunque di una «rinfrescata»? «Sì, anche se dovessimo vincere, come credo. Dopo quindici anni di governo si è chiuso un ciclo. Il nostro obiettivo è quello di aprirne uno nuovo, con una nuova generazione di quadri e di energie di cui disponiamo». E a livello nazionale? «Lì la questione è diversa: Veltroni e io ci siamo impegnati nell'ultimo anno in una sfida difficilissima per l'Italia. Pur nell'ambito di una sconfitta per il governo, abbastanza prevedibile, abbiamo ottenuto il risultato di costruire la più grande forza riformista della storia italiana. Un'operazione che non si esaurisce nell'arco di una battaglia elettorale, seppure assai importante, ma che è destinata a cambiare la politica nei prossimi decenni. Ho una certa insofferenza per chi in politica nei momenti di passaggio, dove combattono corpo a corpo speranza e difficoltà, si lascia invadere dalla sindrome, tipicamente italiana, dell'8 settembre e si diletta con le analisi del giorno dopo». Al primo turno Rutelli ha preso meno voti dei partiti che lo sostengono. Lo ritiene un dato preoccupante in vista del ballottaggio? «Rutelli è un candidato autorevolissimo. Ci tengo a dire che è stato un grande sindaco: è stato lui ad aprire il ciclo delle trasformazioni a Roma. È anche un leader nazionale che ha combattuto su molti fronti e che si porta tante ferite e, quindi, anche qualche inimicizia. Ma sono sicuro che al ballottaggio ogni distinguo scomparirà perché Rutelli ha dimostrato anche in campagna elettorale la freschezza e la voglia innovativa di un uomo che sa cosa serve a Roma nel futuro mentre Alemanno del futuro non parla, il suo è un volo cieco. Le poche cose che ha detto mi sembrano sbagliate: il casinò, il raddoppio del Gra, la festa del cinema legata ai David di Donatello». Alemanno dice che se sarà eletto sindaco le leverà la presidenza della festa del cinema. Che ne pensa? «Mi sembra che sia già tornato indietro perché Storace, che probabilmente ha più simpatia verso di me, gli ha tirato le orecchie. Sinceramente non prendo sul serio la sua affermazione perché il Comune è solo uno dei cinque soggetti che gestiscono la festa del cinema. Tuttavia la cosa che mi ha colpito è stata l'offerta che mi ha rivolto di diventare consigliere di minoranza. Chi mi conosce sa che non tengo alle poltrone, mi sono dimesso dal Senato e non mi sono ricandidato. Nel cinema abbiamo coinvolto le migliori personalità del Paese: Romiti, Mondello, Cipolletta, Gianni Letta, Pietro Calabrese. Queste personalità sono di maggioranza o di minoranza? Non vorrei che Alemanno riportasse nelle istituzioni culturali la logica partitica e delle spartizioni. Anche per questo credo che un elettorato non di sinistra e conservatore dovrebbe riflettere e almeno nella partita di Roma darci una mano». Alle elezioni per la Provincia di Roma Nicola Zingaretti, che le è molto caro, ha ottenuto un buon vantaggio al primo turno. Vedremo se ce la farà. Ma qualcuno dice che avrebbe meritato posti più rilevanti... «Accettando la candidatura Nicola ha fatto un atto di grande generosità ma anche di grande intelligenza. È uno dei quadri più preziosi del Pd. La mia stima per lui è incondizionata. Quando vincerà le elezioni farà con dedizione e competenza il presidente della Provincia di Roma e questo completerà la sua già ricca esperienza politica. Ha svolto una campagna elettorale creativa e ineccepibile, puntando a rafforzare il profilo di un'istituzione che con Enrico Gasbarra abbiamo già ben governato. Qualcuno può sottovalutare il ruolo della Provincia ma in un momento in cui Roma deve dialogare con tutti i Comuni della sua cinta può avere una funzione di coordinamento decisiva su infrastrutture, trasporti e insediamenti urbanistici».