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Stefano Mannucci [email protected] «Se vince la ...

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Ovazione, richiesta di bis. Ma alla fine del suo vibrante monologo, trasfigurato come neanche Proietti quando recita il "Kean", Walterissimo perde ogni certezza. «Non so cosa accade ora...», e la frase potrebbe assumere significati apocalittici se un suggeritore non gli tendesse un foglio dal boccascena. Sopra c'è scritto: "Zingaretti non viene". È un attimo: Veltroni vede tutta la sua vita politica passargli davanti come in un film. Neppure dieci giorni fa era candidato a guidare le sorti magnifiche e progressive del Paese, e ora si ritrova solo sul palco del Teatro Vittoria. Solo più che mai. Là sopra, in piedi davanti alla scenografia di una commedia di Neil Simon, ha parlato appassionatamente di «come in questi anni Roma sia diventata la capitale di tutto il Paese», di come siano cresciuti gli investimenti, il turismo, l'occupazione femminile. Di come sia «una balla quella di Alemanno sull'espulsione di ventimila clandestini», di quanto gli ripugni l'uscita di Fini che aveva definito Rutelli «una salma che merita una pernacchia». Ha ricordato il lavoro svolto per far crescere la vita sociale della città, le biblioteche in periferia, gli asili nido, l'assistenza agli anziani, i centri per l'Alzheimer, ha tuonato contro chi vorrebbe risparmiare su «Paul McCartney al Colosseo o Mozart a Piazza del Popolo per costringerci a restare in casa a guardare il "Grande Fratello"». Ha spiegato che quello della sicurezza è un problema comune a tutte le metropoli, che va affrontato senza faziosità». Ha sottolineato che «la capitale va guidata da chi ci è nato, ci vive e la conosce, e in uno spirito di collaborazione con il governo nazionale». Si è spolmonato. E si ritrova solo. Guarda gli occhi dei testaccini e cerca le parole per contenere l'empasse. Già ha dovuto digerire l'assenza di Rutelli, impantanato al Tg1, ma che anche il candidato alla presidenza della Provincia gli dia buca, dopo che lui ne ha annunciato l'arrivo per un'ora, beh, è davvero troppo. È lì, prima che dalla platea decolli un gatto morto, che lo soccorre il Genio dell'Improvvisazione. «Sapevamo che Nicola non sarebbe venuto, e abbiamo pensato a un cambio vantaggioso per tutti. Ecco a voi...Sabrina Ferilli!». Applausi scroscianti: Carlo Conti non avrebbe fatto di meglio. La lupa nutrice giallorossa non si tira indietro. «Che ve devo dì? Sò venuta qui perché pensavo de sentì Rutelli», dice con immenso candore, «e me sò presentata con la mia nipotina, e co sta borza», un accessorio smisurato, scintillante di vernice, dove entrano comode quindici trousse e sette mazzi di ravanelli. Irresistibile. Spiega che la destra «ci fa tornare a forme mentali quasi primitive. Gli spiriti illuminati difendano quei principi che ci rendono diversi dagli animali. Ormai parlare di valori come la solidarietà sociale è quasi da filosofi. Davanti a certa gente anch'io me sento Schopenhauer!». E chiude con un classico «Forza Roma!» in un tripudio di consensi. Avesse candidato Sabrinona, la sinistra avrebbe vinto a mani basse. Invece le tocca tamponare l'astensionismo di vertice ai comizi, dopo aver implorato gli elettori di non disertare le urne al cruciale ballottaggio. Increscioso, sussurrava qualche aficionado, che Rutelli e Zingaretti abbiano fatto sega per un temporale. Certo, la scena davanti al palchetto originario di Piazza Santa Maria Liberatrice era desolante, con le mamme a strappare le bimbe dalle altalene ai primi tuoni, le tre poltroncine rosse per le star che facevano tanto televendita, e il rischio consistente che la fila davanti alla pizzeria diventasse più corposa di quella dei fedelissimi del Pd. E quando il fortunale ha reso chiaro che davanti al palchetto sarebbero rimasti solo i sampietrini, al popolo del centrosinistra capitolino non è rimasto che affrontare la traversata. Pochi metri, mica un deserto. Sfrattata la compagnia di Pino Insegno dal teatro per un tutto esaurito politico, non restava che godersi le performance del trio in cartellone. Nessuno, tra i cittadini, sapeva che Rutelli si era incartato con l'agenda, mentre sospettosamente Veltroni continuava a rassicurare sull'arrivo di Zingaretti. L'ottimo Nicola, non Montalbano. Ma l'ex sindaco ha retto la scena da mattatore: prima dell'avvento di una magnifica soubrette.

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