Il Cavaliere alla Lega: «Siate meno rozzi»
La Lega, infatti, è un alleato affidabile, non ha posto veti al governo come hanno fatto Casini e Follini, non ha tradito e ha amministrato bene a livello locale. Ma, è la critica di Berlusconi, ha un difetto: «Il suo linguaggio è un po' rozzo, fatto di iperboli. E dovrebbe cambiare». Un'osservazione, quella del Cavaliere, che ha riscosso la solidarietà di Fini («Ha ragione») e ha provocato la replica stizzita del pasdaran padano Mario Borghezio: «Sarà molto difficile che la Lega si depuri dalla sua rozzezza e dalla ruvidezza di espressione tipica della gente autentica - ha risposto il promotore delle "ronde verdi" - Così come i fighetti forzaitalioti molto difficilmente si libereranno dalle loro caratteristiche di figli di papà e di gente che spesso non ha mai lavorato nella sua vita». Non è la prima polemica tra re Silvio e i suoi feudatari settentrionali. E, anche se le polemiche portano inevitabilmente ad alzare i toni, è difficile dar torto al premier in pectore. Gli esempi non mancano. Il fuori misura verbale per i leghisti è una consuetudine. «La nostra liberazione si avvicina, alla faccia di quelli che ci davano dei razzisti...le facce di m...che non dimentichiamo», osservò amabilmente Borghezio nel 2003. Lo stesso che, commentando una sentenza che non gli aggradava, usò il termine «idiozia giudiziaria». E l'ex sottosegretario alla Giustizia (2004) è in buona compagnia nel Carroccio. «Non è col politically correct che si fa cadere Prodi. Bossi ha dimostrato di avere le palle, aspettiamo gli altri», suggerì con il suo noto savoir faire Roberto Calderoli nell'estate 2007. Anche se la caratteristica più «ficcante» del dentista-leghista e vicepresidente del Senato non è il linguaggio ma l'abile verve provocatoria: memorabile la sua maglietta con vignetta anti-islamica che mostrò candidamente in tv scatenando incidenti a Tripoli, per non parlare del pascolo di maialini sui terreni destinati alle moschee. Per ultimo, last but not least direbbero gli inglesi, non può mancare nell'elenco dei declamatori iperbolici il Senatur. Bossi, è specializzato nella dichiarazione armata: «Non abbiamo mai tirato fuori i fucili ma c'è sempre una prima volta», ha ripetuto il leader padano, che ha parlato spesso di ribellione del «suo» popolo a «Roma ladrona». E, anche se sembra un po' Moretti, fa bene il Cav a ricordare che le parole sono importanti perché, come diceva Nanni in Palombella rossa, «chi parla male pensa male e vive male».