Ennio Doris: "Questa Italia ha bisogno di una sterzata"
Così, dopo il crollo finanziario a ridosso di quel nefasto 11 settembre 2001, il coraggio del presidente di Mediolanum è stato premiato. «L'ho fatto anche qualche giorno fa - confida Doris - perché sono convinto che la crisi sia il miglior punto di partenza per lo sviluppo. Non a caso la mia partecipazione in Mediolanum è salita dal 35 al 40%». Un altro segnale per dire che il peggio è alle spalle? «Certo. La bufera che ha investito i mutui americani è forte ma bisogna saper guardare avanti. E poi ho in mente la battuta di un film». Quale? «"Oltre il giardino". Dove il protagonista parla del futuro con una frase a effetto: se non si tagliano le radici, dopo l'inverno fiorisce sempre la primavera». Come valuta la situazione italiana dopo la vittoria del centrodestra? «Ci sono tanti problemi da dover affrontare. Ma sono certo che Berlusconi darà una sterzata». Circolano molti nomi della futura squadra di governo. Chi vedrebbe bene ai ministeri economici? «Tutto dipende dalla testa. Berlusconi ha governato 5 anni ma 2 li ha passati a cambiare le leggi che limitano lo sviluppo e ingessano il Paese. Servono le riforme per far ripartire il motore dell'economia. Tremonti? Va bene, ma c'è bisogno di uno sforzo collettivo che Berlusconi saprà attivare». Quali sono le priorità per l'Italia? «Le persone vogliono più sicurezza e meno imposizione fiscale. Quando servono soldi e si mettono le tasse si colpisce soprattutto la classe media e vanno in crisi i consumi. Poi si registra un incremento di furti anche di generi alimentari e questo dovrebbe far riflettere». Un altro nodo da sciogliere è Alitalia. Come giudica l'apertura di Ligresti a partecipare alla cordata italiana? «La compagnia di bandiera deve tutelare gli interessi del Paese. Però bisogna finirla con il dirigismo statale: possibile che ci siano 135 piloti per pochi aerei? Ben vengano gli imprenditori ma sono certo che alla fine la soluzione sia chiara». Vale a dire? «Alitalia dovrà allearsi con un grande vettore internazionale. Air France, Lufthansa o Aeroflot poco importa. La priorità è finire in un grosso network che possa valorizzare il turismo. Poi se ci sono 3 pretendenti invece che uno solo è un vantaggio per chi vende». A livello mondiale, la corsa del petrolio sta facendo lievitare i costi legati all'energia. «Anni fa abbiamo commesso l'errore di abbandonare i progetti del nucleare. Uno sbaglio colossale perché oggi avremmo bisogno di meno benzina e non ci sarebbero tutte le tasse connesse. È la bolletta energetica che pesa di più per le famiglie italiane e su questo bisogna mettere mano. Le dirò di più». Prego. «Il prezzo del petrolio è un bene che sia così elevato». In che senso? «L'Occidente lo vuole costoso, il problema è che l'offerta è controllata. Siamo di fronte a un oligopolio con i Paesi produttori che dettano legge. Ecco perché prevedo un petrolio a 150-200 dollari al barile con la conseguenza che, per ridurre la dipendenza dal greggio, i Paesi industrializzati dovranno far partire il processo di sviluppo che si basa sulle fonti rinnovabili e le energie alternative». Insomma, dovremo fare i conti con un petrolio che sta finendo? «No. Non credo all'esaurimento. Credo invece che la forte domanda dei Paesi emergenti sia solo una scusa. Le scorte ci sono così come i nuovi giacimenti. Ma è indispensabile cambiare per avere il progresso. Pochi giorni fa Scaroni (amministratore delegato dell'Eni ndr) mi ha sbalordito». In che modo? «Se in Usa le automobili dovessero percorrere 18 km con un litro di benzina si risparmierebbero 3 milioni di barili di petrolio al giorno. E si arriverebbe a 11 milioni con tutte le auto nel mondo. Non a caso due grosse società stanno pubblicizzando la produzione di veicoli che consumano pochissimo: auto che fanno 25 km con un litro». La forza della comunicazione. Pensa a un nuovo slogan per la sua Mediolanum dopo: una banca intorno a te? «No, no. Quella è efficace e rappresenta la nostra essenza. Basta un telefono, un televisore e il nostro cliente può effettuare tutte le operazioni senza doversi recare allo sportello. E può contare sull'assistenza di un family banker». Restiamo sulle banche. Quale ruolo giocherà negli equilibri in Mediobanca e di riflesso nelle Generali? «Sono nel Patto di sindacato di Mediobanca che, come sa, è il maggior azionista delle Generali. Ognuno tutela i propri interessi e credo che sedersi intorno a un tavolo e fare coesione aiuti a generare valore. Banca Esperia (joint venture tra Mediobanca e Mediolanum) rappresenta un esempio calzante grazie ai buoni risultati ottenuti». Mediolanum ha portato la sua partecipazione in Mediobanca al 3,5%. Vuole contare di più? «Abbiamo incrementato l'investimento in Mediobanca approfittando dell'uscita di Unicredit. Crediamo che l'investimento vada visto in un'ottica di lungo termine e riteniamo che sarà molto, molto profittevole».