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Fini conferma: «Lascio a un primus inter pares»

Gianfranco Fini

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«Se i deputati mi eleggeranno - spiega il leader della destra durante Porta a Porta - sarebbe presuntuoso rifiutare la terza carica dello Stato». Poi aggiunge: «Lascerò la presidenza di An, un fatto che mi emoziona ma che è necessario. Ciò non significa dimenticare i valori in cui credo: dirò che sono un uomo di parte pur essendo garante di tutti». Al timone di via della Scrofa ci sarà un «reggente»: «Riunirò i vertici del partito nell'Assemblea nazionale e proporrò di individuare un reggente, un "primus inter pares", per accompagnare il partito al congresso, in autunno o al più tardi nei primi mesi del 2009, per verificare se ci sono le condizioni per fare l'ultimo passo verso il Pdl. Credo che An abbia tante personalità in grado di adempiere a questo dovere: è un ruolo impegnativo ma è l'ultima delle mie preoccupazioni anche perchè non sarà una persona, ma una classe dirigente». Il capogruppo uscente alla Camera, Ignazio La Russa, pare in pole-position, anche se non conferma: «Io reggente? Cado dalle nuvole». Forse è vero, come spiega un vecchio dirigente di An, che a nessuno piace dover «liquidare Alleanza nazionale». Poche volte, infatti, è accaduto che in un partito il ruolo di guida venisse così poco ambito, quasi considerato un sacrificio. Alla fine, con tutta probabilità, sarà Ignazio la Russa ad assumere l'incarico di reggente fino al congresso. Lui, per ora, si trincera dietro un asettico «cado dalle nuvole». L'addio di Fini alla leadership del partito, dopo due decenni, rappresenta indubbiamente un trauma fra gli eredi del Msi. Eppure la scadenza si incastra in un momento particolare: lo scranno più alto di Montecitorio per un erede del movimento sociale, l'approdo di un partito radicato come Alleanza nazionale in un contenitore ancora tutto da costruire come il popolo delle libertà. Lontani anni luce, soprattutto, gli anni del primo quinquennio berlusconiano, quando le correnti e i dirigenti lottavano senza esclusione di colpi per assumere sempre maggiore peso nel partito. Adesso l'orizzonte è appunto quello del Pdl e fra i colonnelli si ambisce semmai a un buon incarico ministeriale. La soluzione meno «cruenta», dunque, è quella prospettata da Fini all'indomani del voto nei colloqui riservati con i dirigenti: l'ufficio politico guiderà il partito fino al congresso, ci sarà un reggente che metterà la faccia nella fase di transizione. Di una cosa, comunque, sono certi i colonnelli. Lo dice a chiare lettere Maurizio Gasparri: «Vedremo se sarà La Russa a assumere questo incarico. In ogni caso, sarà comunque Fini il leader, non si tratta certo di un avvicendamento come avvenne fra Almirante e Gianfranco». La Russa, che resta comunque in pole per l'incarico di ministro della Difesa, non si sbilancia: «Fini, anche se sarà presidente della Camera, rimarrà il leader di An nella delicata fase di transizione verso il partito unico». Per il capogruppo di An, sono necessarie «le forze, l'entusiasmo e l'identità di tutta An, sarà uno sforzo collettivo dell'Ufficio politico» e nella scelta del "reggente" in Alleanza nazionale «non ci sarà nessuna gara». Alla fine, La Russa accetterà con ogni probabilità l'incarico. E non dovrebbero manifestarsi particolari resistenze nelle altre anime del partito. Non dovrebbe mettersi di traverso Altero Matteoli, proiettato verso il ministero delle Infrastrutture e anch'egli fra i «papabili» per la reggenza, né si opporrà Gianni Alemanno: se non dovesse spuntarla con Francesco Rutelli, il candidato del Pdl al Campidoglio ha già prenotato una poltrona ministeriale.

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