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La stampa e il Cavaliere ora c'è più odio che amore

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A cominciare da quella estera che non gli dà tregua al punto che in più di una occasione non ha esitato a definire le redazioni d'oltralpe e d'oltre oceano come covi di comunisti. E ora che la sua ambizione dichiarata è quella di passare alla storia come uno statista, il vento contrario dei giornali proprio non lo sopporta. Quel livore sottile, quel veleno strisciante, quelle punture insidiose, sono capaci di rovinargli il sonno più di una esternazione della magistratura. La sua difesa è sempre la stessa: sono stato male interpretato, le mie parole sono state travisate, c'è una strumentalizzazione, c'è disinformazione ecc, ecc. Una delle barzellette che Berlusconi racconta con più gusto è quella sulla Thatcher che in uno degli incontri gli aveva consigliato di non sfiancarsi a leggere i giornali, ma di farsi fare una rassegna dei soli articoli favorevoli. «Il giorno dopo chiamo Bonaiuti - riferisce il Cavaliere - e gli chiedo di ritagliare i pezzi dai giornali che parlano bene di me. Non l'ho visto più per un mese». Così ecco che alla prima uscita ufficiale dopo l'esito elettorale, Berlusconi ne approfitta per randellare i giornalisti. «Dopo quindi anni che tentate di farmi fuori non avete ancora capito che non è possibile?» E contro la stampa estera che lo aveva bombardato prima del voto: «È stato il trionfo dei pregiudizi». Alla giornalista del Tg3 che si fa sotto per una domanda le chiude la bocca con: «Ma non eravate scomparsi voi della sinistra radicale?». Poi è la volta dell'Ansa. Alla domanda sulle difficoltà interne alla coalizione di centrodestra risponde piccato: «Basta con questi retroscena di fanta politica, quand'è che i giornali cominceranno a parlare di cose concrete?» Prende in giro il collega di Libero: «Ogni volta penso che lei scrive per un giornale di sinistra». Insomma il Berlusconi ter dovrà vedersela anche con questo problema.

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