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Castelli e Formigoni in pressing sul Cavaliere

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Due richieste che si intrecciano e si legano profondamente. Perché in fondo, al Carroccio, interessa molto più avere la poltrona di Governatore piuttosto che quella di un ministero. Anche se importante come quello degli Interni. Per un motivo semplice: la presidenza della Regione Lombardia è strategica per la Lega molto più di una poltrona nel Consiglio dei ministri. Senza considerare che non avere incarichi determinanti nel governo può dare la possibilità al partito di Bossi di avere mani libere all'interno della coalizione del Cavaliere. Ieri Roberto Formigoni, che ha chiesto a Berlusconi la presidenza del Senato o il ministero degli esteri, ha giocato di sponda. Spingendo per Castelli come Governatore: «Stiamo ragionando su una presidenza Castelli per la regione Lombardia». Apertura sulla quale il diretto interessato ha glissato «Continuo a pensare che Formigoni rimarrà in Regione. Stiamo parlando di una questione di lana caprina». Anche perché in mattinata il vice commissario vicario di Forza Italia a Milano Maurizio Lupi ha lanciato la candidatura di Gabriele Albertini: «Se come io mi auguro Formigoni avrà un incarico di forte responsabilità a Roma nulla è dato per scontato. Non è che la Lombardia deve andare di per sè alla Lega. Discuteremo, come sempre abbiamo fatto. Insieme alla Lega». Richieste che si intrecciano anche se, alla fine, come sempre, deciderà Berlusconi. Il quale, ieri, essendo impegnato nell'incontro con Putin, ha completamente lasciato da parte i problemi della formazione del nuovo governo. Eppure proprio ieri la Lega è tornata a fare la voce grossa, tornando sull'«inutile» vertice romano di mercoledì. E chiedendo, alla fine della riunione settimanale della segreteria politica, di proporre al più presto i nomi dei politici. Il malumore di Bossi peraltro era già trapelato chiaramente dalle sue dichiarazioni appena concluso l'incontro con Berlusconi, Fini e Lombardo. «Non abbiamo combinato niente, finché non si fanno i nomi, prima di fare l'elenco passano i secoli» aveva spiegato, aggiungendo secco «me ne torno in Insubria». E ieri da Milano ha ribadito il concetto, per iscritto, mentre i dirigenti leghisti hanno tenuto le bocche cucite. «Dopo l'inutile vertice romano, la segreteria ha deciso che, per quanto riguarda la Lega Nord, le prossime riunioni saranno tenute solo con il leader del Popolo della Libertà, Silvio Berlusconi». Non solo, la Lega sottolinea di aver «ricevuto l'imperativo mandato dagli elettori di risolvere le questioni legate al federalismo e alla sicurezza. Pertanto visto lo straordinario risultato ottenuto su questi due temi, non è possibile derogare dall'assoluto rispetto dello stesso». Invoca «decisioni rapidissime», il Carroccio, dato «il momento talmente grave» nel Paese e chiede «pur nel rispetto delle prerogative del presidente della Repubblica» che Berlusconi «proponga nel più breve tempo possibile la composizione del governo». Che cosa ci sia di tattico, arte in cui Bossi ha dato ampie prove di abilità, e cosa invece di arrabbiatura vera e profonda difficile dirlo. Bossi non parla. Anche se le dichiarazioni scritte di ieri non fanno che ripetere i concetti proclamati dal leader nelle ore immediatamente successive al risultato elettorale: «Abbiamo ricevuto un mandato dalla gente per fare le riforme subito».

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