Bertinotti, fine corsa La sinistra non c'è più
«Una disfatta, una Caporetto», si mormorava ieri tra gli stupefatti militanti riuniti nel tempietto yankee dell'Hard Rock Cafe di via Veneto. Sì, perché la sconfitta era nell'aria, ma la cancellazione improvvisa e totale dalla scena parlamentare della sinistra alternativa non era prevedibile. E non era stata prevista. Così la sorpresa, che cresceva con l'arrivo dei primi dati, si è trasformata presto in riflessione. «Perché abbiamo perso?», è la domanda che traspariva dagli sguardi di tutti. Qualcuno ha abbozzato una risposta. «Siamo nel 2008 e non puoi chiedere alla gente di votarti per perdere - ragiona un esponente di Rifondazione - L'elettorato va a votare per interesse, vuole concorrere alla scelta del governo, vuole influenzare la politica e tu non puoi proporti solo come testimone. Se dici che vuoi fare questo e quello, e magari è pure giusto ma non puoi farlo, allora i voti non li prendi». Molti fanno capire che, anche se non è così, la sinistra è stata «punita» perché ritenuta responsabile della caduta di Prodi. «C'è stato il '98 e poi il 2008, e non basta dire noi siamo diversi se si resta dentro il governo - spiega un altro militante - Nemmeno il richiamo identitatrio è sufficiente. Almeno Veltroni rappresentava una proposta, Bertinotti no. Però anche Walter ha sottovalutato la batosta in arrivo». All'Hard Rock l'atmosfera è di depressione acuta. Ci vorrebbe un'overdose di Prozac. Ma forse non basterebbe. «Torniamo alla sinistra extraparlamentare», osserva una ragazza. «Altri cinque anni di Berlusca non li reggo, via dall'Italia!», replica un'altra. «Ahinoi!», è il messaggio ricevuto sul cellulare da una simpatizzante di Mussi. «Direi che non solo siamo nella merda, ma fa anche l'onda...», è il testo di un altro sms. Intanto si aspetta il subcomandante. Lui arriva alle otto. Saluta veloce i presenti e afferra subito il microfono. Le sue prime due parole sono mi dispiace. «Mi dispiace dovervi incontrare dopo una sconfitta - comincia, visibilmente irritato - Una sconfitta imprevista e quindi più acuta che dovrà portare a una discussione molto approfondita all'interno della sinistra italiana». Fausto accusa il «duopolio Pd-Pdl» ma fa «autocritica», si prende le sue colpe, annuncia le dimissioni da dirigente anche se continuerà a fare politica e a dare una mano per contribuire «alla costruzione di una nuova sinistra. Perché ciò che va salvato è l'idea del viaggio». Viaggio? E va bene, ma verso dove?