«Ma dopo non ci sarà la resa dei conti nel partito»
Fatica doppia per il vicepresidente del gruppo dell'Ulivo a Palazzo Madama, uno degli uomini più vicini a Massimo D'Alema. Senatore, si può fare? «Se mi sta chiedendo come andrà a finire le rispondo che lo vedremo lunedì». Scaramanzia o scetticismo? «Doveva essere una campagna elettorale dal destino segnato invece è via via cambiata ed ora appare aperta ad ogni risultato. Io credo che il Pd abbia ottime possibilità di vincere. In ogni caso abbiamo dimostrato, in questi due mesi, di essere la grande novità della politica italiana». Qualche settimana fa D'Alema ha bollato lo slogan del Pd come «moscio». È stata una campagna moscia? Si poteva fare qualcosa di più? «Personalmente non ho rimpianti. Veltroni ha fatto una grande campagna. Ha parlato all'Italia e per l'Italia mentre la destra rispondeva con insulti e argomentazioni stantie. Girando ho visto che siamo riusciti a muovere un po' dell'apatia che aveva colpito parte della società. Speriamo sia sufficiente». Quindi anche lei, in fondo, non crede nella vittoria? «Sarebbe ipocrita non riconoscere che esistono elementi di difficoltà, ma il Pd può vincere». Forse un accordo con la Sinistra l'Arcobaleno avrebbe dato un mano? «Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi anni non lascia spazio ad interpretazioni». Cioè? «Nonostante il governo abbia fatto cose apprezzabili abbiamo pagato un prezzo altissimo nel rapporto con la società a causa di un'alleanza litigiosa che conteneva elementi incompatibili tra loro come Dini, Mastella e Caruso». Quindi meglio mollare la Sinistra? «Dal punto di vista elettorale è sicuramente una scelta rischiosa, ma in questo modo possiamo garantire stabilità al Paese. Se viceremo potremo mantenere gli impegni presi perché avremo quello che, una volta, si chiamava "governo monocolore"». Nessuna possibilità di tornare indietro? «Io credo che il dialogo sia un elemento essenziale della politica. Ci sarà sicuramente confronto con la Sinistra e, su qualche questione, potremo anche trovare delle convergenze. Ma non esistono le condizioni per nuove alleanze a livello nazionale». Dialogherete anche con Berlusconi? «Io penso che le riforme di cui il Paese ha bisogno non potranno essere fatte senza un accordo che va ben oltre gli schieramenti. Certo le ultime battute di questa campagna non mi lasciano tranquillo». In che senso? «Nel Pdl sta prevalendo un atteggiamento estremista. Quando un ipotetico ministro delle riforme istituzionali parla di fucili e "carogne romane" è chiaro che si pone un problema. Io credo che sia indispensabile una lezione elettorale che faccia capire che certe posizioni non pagano. Insomma, più forte sarà il Pd, più forti saranno le ragioni del dialogo». Qualcuno ha già detto che, se il Pd non raggiunge il 35%, per Veltroni saranno guai. È così? «La nostra prima asticella è prendere un voto in più del Pdl. Se non ce la faremo non cambia nulla. Veltroni è stato scelto come leader del Pd non solo per vincere le lezioni. È un progetto che va ben oltre il 13 aprile». Sicuro che, dopo il voto, non ci sarà una resa dei conti? «Andremo avanti con Veltroni. Certo, come abbiamo stabilito, dovrà esserci un passaggio congressuale entro il 2009, ma non ci saranno rese dei conti. Walter ha guidato una campagna elettorale che ha reso tutti protagonisti». E se Veltroni diventasse Presidente del Consiglio? «Per me la leadership del partito e quella del governo non sono incompatibili. Devono coincidere. Soprattutto se è un solo partito a governare». Un'ultima domanda più personale: come va la convivenza con Di Pietro? «Io ho grande stima e rispetto per Di Pietro anche se abbiamo posizioni diverse. In ogni caso escluderei che lui possa fare il Guardasigilli. Per quel ruolo servono persone che siano in grado di rappresentare le ragioni di tutti e non solo di una parte».