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Il Lazio in bilico

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Per tutta la campagna elettorale ha fatto scoppiare la testa ai sondaggisti tanto che sono stati costretti a decretare: «Too close to call», un'espressione tutta americana che rappresenta come il margine sia tanto stretto da non poter proclamare neanche un vantaggio. Pari. O al massimo uno dei due in vantaggio ma di così poco da far sorridere. Deciderà il Senato. Anche perché delle zone del Paese che sono ancora incerte è quella che assegna un maggior numero di senatori: 15 a chi vince (se non va oltre il 55% dei voti) e 12 a chi perde. In ballo ci sono sei posti, dunque. Il Lazio non è solo la regione della Capitale. È anche la regione del candidato premier del Pd, Walter Veltroni, che appena poche settimane fa era ancora il sindaco di Roma. Roma, la città della potenza di fuoco del Pd. La città della gran parte della sua classe dirigente. Ma è anche la regione in cui il Pdl ha fatto la campagna più contro i suoi alleati che contro gli avversari di sempre. Da un lato Francesco Storace, l'ex governatore fuoriuscito da An e che ha fondato la sua Destra. E dall'altro l'Udc, con il quale s'è conteso il voto cattolico; e non a caso Casini ha messo in campo Alessandra Borghese, la principessa che può considerarsi amica del Papa. Tutti appesi al Lazio. Anche se nell'ultimo giorno di campagna elettorale i protagonisti non sono stati i programmi o le proposte. L'unico protagonista è stato Francesco Totti. La battuta di Berlusconi («Lui con Rutelli? È fuori di testa») ha infiammato la chiusura. Lo stesso Cavaliere sceglie di primo mattino di andare a Radio Radio, una emittente molto popolare a Roma e corregge: «Totti è stato strumentalizzato dalla sinistra. Totti è un grande campione, una bandiera della sua squadra. Gli voglio bene, la moglie Ilary lavora a Mediaset». Spiega che la sua «non è stata una dichiarazione in pubblico - dice il Cavaliere - ho risposto con una battuta ad un ragazzo che si diceva indignato di vedere manifesti con la faccia di Totti che parteggiava per Veltroni e Rutelli. Io ho pensato che Totti non ne era nemmeno a conoscenza, un campione deve farsi amare da tutti e non dividere». E aggiunge: «È una battuta diffusa e strumentalizzata dai signori della sinistra che si vergognano della loro faccia e usano testimonial come hanno fatto anche con George Clooney». Berlusconi però ha poco digerito quella battuta, c'è rimasto male: ricorda quando andò a Villa Stuart subito dopo l'incidente del Capitano nel marzo di due anni fa. E per questo attacca: «Ai giocatori del Milan ho vietato di schierarsi per me. Certe volte - spiega - c'è inconsapevolezza da parte di chi si schiera politicamente ma non lo devono fare i campioni dello sport perché devono puntare ad avere la simpatia di tutti. Se chiedessi ai giocatori del Milan di schierarsi molti lo farebbero volentieri. Anzi molti mi hanno chiesto di farlo ma io l'ho proibito. Totti è un bravissimo ragazzo, credo sia stato strumentalizzato su un fatto su cui doveva stare più attento. A Totti - dice ancora Berlusconi - io mando un bacione e un in bocca al lupo per la rincorsa sull'Inter. Mi spiace che sia stata esclusa dalla Champions League. Io ho fatto il tifo per la Roma e l'ho detto prima della partita». Ma Berlusconi non è piaciuto ad Andreotti, tifosissimo dei giallorossi: «Berlusconi è andato in fuorigioco perché commenta quello che ha detto o fatto Totti? La mia vecchia regola è questa: ognuno dovrebbe farsi i fatti propri». Sulla questione tutto il centrosinistra s'è scatenato. Vale per tutti la dichiarazione di Veltroni: «Voglio parlare di un ragazzo che è un amico, che ha detto quello che hanno detto tanti altri calciatori, forse qualcuno che appartiene alla squadra di un personaggio politico, ha detto che ha stima di due persone, di cui è amico, Francesco Totti ha manifestato solo la sua amicizia». E piazza del Popolo è esplosa in un boato. F. d. O.

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