E Cursi (Dc, oggi An) prova a mediare con gli ex alleati
Cesare Cursi, ex sottosegretario alla Salute nell'ultimo governo Berlusconi e candidato al Senato per il Popolo della Libertà, è impegnato insieme ad altri suoi colleghi in un lavoro a tappeto proprio su questo. E per lui, che viene da un passato vicino agli ex democristiani del Cdu di Buttiglione ma anche a un rapporto personale di affetto con Francesco Storace all'interno di An, particolarmente delicato. «Negli ultimi giorni ho incontrato migliaia di persone, decine di categorie — racconta — e a tutti ho spiegato che non si tratta semplicemente di avere un voto in più o in meno, ma di non regalare un vantaggio al nostro avversario». «Non tutti infatti sanno come funziona la legge elettorale — prosegue — e allora è importante fare questo lavoro quasi "porta a porta". Ma alla fine stanno capendo che votare al Senato un partito minore non serve a nulla. Meglio allora il voto disgiunto: alla Camera sostengano chi vogliono ma per palazzo Madama concentrino le loro preferenze sul Pdl». Eppure, nonostante questa «guerra» del voto con l'Udc e con la «la Destra» di Storace, in molti all'interno del Pdl sono convinti che, dopo le elezioni, bisognerà comunque ricucire con i due leader. «Non ha senso buttare al vento rapporti con persone che hanno tutto in comune con noi — spiega ancora Cesare Cursi — Il confronto, al di là di queste polemiche pre elettorali va tenuto aperto, facciamo tutti parte della stessa famiglia del centrodestra». «Questa, comunque, è stata una campagna elettorale giocata solo tra due schieramenti perché nel Paese c'è una grande voglia di semplificare la vita politica. Veltroni e Berlusconi hanno giocato entrambi un ruolo importante in questo cambiamento e questo è servito anche a non parlare più di persone ma di programmi elettorali». L'obiettivo resta comunque quello di unificare le due «anime» del Pdl, An e FI, in un solo partito. «È un percorso lungo — spiega ancora Cursi — ma è un processo che si è avviato e che non possiamo fermare». Così come, secondo il senatore di An, non si può fermare il processo di modernizzazione della sanità in Italia. «Il Servizio sanitario nazionale compie 30 anni e va sicuramente rivisitato. Io sono un tifoso di questo sistema perché assiste tutti. Però bisogna rivedere alcuni aspetti fondamentali. Come ad esempio il rapporto tra Stato e Regioni. Il governo non può farsi carico del disagio finanziario di alcune realtà locali, bisogna portare tutte le Regioni allo stesso livello per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, un cittadino non può essere fortunato o sfortunato a seconda della città in cui nasce». Ma oggi rientrare del debito accumulato da alcune Regioni, come il Lazio, appare un'impresa disperata. «Non ce la faranno mai — spiega ancora Cursi — Ma questo avviene perché bisogna cambiare il metodo. Quando lo Stato interviene a risanare il deficit deve pretendere un piano di rientro rigoroso, altrimenti si nomina un commissario. Il quale però non può essere lo stesso presidente della Regione o l'assessore alla sanità ma una terza persona».