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Lombardo: "Fiat, Eni ed Erg ci devono almeno 20 miliardi l'anno"

Lombardo

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Ieri, poi, oltre agli appuntamenti elettorali, il candidato alla presidenza alla Regione Sicilia è stato assediato da tv e giornali di tutta Italia per la sua frase sui fucili — «Quelli dei siciliani purtroppo sono armati a salve. Quando potremo armarli come si deve vedremo se e contro chi usarli» — provocata da una battuta analoga di Umberto Bossi. «Sa che cosa rispondo alle polemiche? — replica — Che mi viene da ridere, io ho usato un poco di ironia e i miei avversari hanno speculato su delle banalità». D'accordo però la frase sui fucili forse è stata un po' fuori luogo. Specialmente dopo quella del leader della Lega. «Ma Bossi non farebbe male a una mosca. E poi sparare a chi? Guardi oggi certi leader politici intervengono perché non hanno nulla da dire. E allora le loro reazioni non mi interessano, la mia era una metafora, un paradosso. Anche perché poi ho spiegato che la nostra arma, quella che dobbiamo usare, è l'autonomia». A proposito di autonomia, Veltroni ha spedito una lettera a Berlusconi chiedendo un impegno alla fedeltà sulla Costituzione. Compresa la tutela dell'unità nazionale. Lei cosa risponde? «Dico a Veltroni di mettere da parte l'ipocrisia. Perché dovrebbe ricordare che lo statuto dell'autonomia siciliana è antecedente alla Costituzione. Lo Stato italiano lo ha recepito ma poi lo ha violato in molti punti. Ad esempio nell'articolo 37 che prevede che le società che hanno stabilimenti in Sicilia paghino le tasse alla Regione per quella parte di produzione che viene fatta sull'isola. Questo non è mai avvenuto. E parlo di società come Fiat, Eni, Erg. Ho fatto dei calcoli, avremmo potuto avere 20 miliardi di euro in più all'anno che sarebbero serviti a far decollare l'economia locale, a realizzare infrastrutture. Altro che centralismo dello Stato e assistenzialismo. Veltroni stia tranquillo, l'unità nazionale la vogliamo anche noi ma oggi non c'è perché esistono cittadini di serie A e di serie B». Qual è la prima cosa che chiederà a Berlusconi se vincerà la corsa per palazzo Chigi? «Berlusconi si è già impegnato a garantirci una fiscalità di vantaggio, niente tasse per chi investe in Sicilia. Questo ci permetterà di colmare i deficit di infrastrutture e di allinearci al resto dell'Italia». Parlando di infrastrutture il leader del Pdl ha rilanciato il progetto del Ponte sullo Stretto. A sinistra però si replica che sarebbe meglio prima costruire una rete stradale adeguata. «Questa è la manfrina che ci raccontano da qualche tempo. E infatti in questi anni non abbiamo visto nulla, nessuna opera, niente di niente». Dicono anche che non ci sono i soldi per costruirlo il Ponte. «Falso, il Ponte si finanzia al 50 per cento con i 3 miliardi delle Ferrovie dello Stato, un miliardo e 200 milioni possono arrivare dai finanziamenti europei e il resto si fa con il project financing. Le imprese rientreranno dei costi con i soldi del pedaggio. Chi è contrario, come i Verdi, dovrebbe invece pensare a cose più serie. Come mai non hanno mai detto una sola parola contro la devastazione ambientale delle raffinerie? Nelle zone dove ci sono gli stabilimenti c'è un'incidenza altissima di malattie e neoplasie. Ma i Verdi sono sempre rimasti zitti». Torniamo alla campagna elettorale. In Sicilia per il Senato i giochi sono ormai fatti? «Credo proprio di sì. Il Pdl con il Mpa avrà una netta maggioranza». E l'Udc del suo collega Salvatore Cuffaro riuscirà ad ottenere l'8 per cento? «Non è mio collega, io sono eurodeputato». D'accordo, collega siciliano. «Penso di sì, riusciranno a raggiungere il quorum». Per la Regione siete riusciti a fare una coalizione anche con l'Udc, a livello nazionale invece andate separati. Un caso unico. È sicuro che gli elettori capiranno? «Guardi, anche dall'altra parte c'è un'anomalia perché la Sinistra Arcobaleno si è alleata con il Pd. Per quanto riguarda il centrodestra in Sicilia abbiamo sempre collaborato, andare divisi avrebbe significato destabilizzare le istituzioni. E poi è stata una forma di autonomia anche questa, non ci siamo fatti comandare dai leader nazionali».

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