E i rifiuti arrivano anche sul Vesuvio
No, la munnezza arriva sopra il monte. A deciderlo è stato il sindaco di Ercolano, il democratico di estrazione diessina Nino Daniele. Una decisione disperata perché i rifiuti sono arrivati anche in un parco naturale, il più importante della regione. Il più simbolico. Una scelta, quella di evitare di fare anche del Vesuvio uno sversatoio, fortemente osteggiata dal presidente prima e commissario dopo del parco, Amilcare Troiano. E' stato rimosso lo scorso febbraio. E forse i due fatti non sono scollegati tra loro. Certo, per ora si tratta di un sito di stoccaggio. La munnezza, in altre parole è solo in transito. Una scelta che, spiegano all'amministrazione, ha consentito a Ercolano di soffrire meno dell'emergenza. Sarà, ma Legambiente è preoccupata. Il responsabile della zona, Pasquale Raja, spiega che si sta occupando della questione: «Stiamo conducendo uno studio per vedere gli effetti anche sulla flora e sulla fauna del parco. Parliamoci chiaro, sopra quei siti volteggiano gabbiani anche se siamo in un'area piuttosto distante dal mare. Non è un fenomeno normale». Dopo il turismo e la mozzarella, oltre che alla salute, i napoletani hanno cominciato a «magnarsi» anche il Vesuvio. C'avevano provato nel corso dei decenni. C'avevano provato a fare il percorso inverso della lava che aveva devastato Pompei nell'eruzione del 79 d.C. Avevano provato con il saccheggio urbanistico, il grande abusivismo degli anni '80. Portando 800mila persone a esporsi al rischio eruzione, una battaglia tanto cara a Marco Pannella cavalcando la quale era arrivato anche a sbarcare nel consiglio comunale partenopeo. Il saccheggio aveva subito un rallentamento. E dopo il cemento sono arrivati i rifiuti. Prima nel 2001, le prime emergenze. Poi nel 2003. Siti provvisori si era detto allora. La munnezza è ancora lì. C'erano stati atti simbolici. Un anno e mezzo fa i primi interventi del ministro Alfonso Pecoraro Scanio, le relazioni allarmanti dei carabinieri sul versante di Terzigno, territorio limitrofo. A maggio scorso gli uomini della Forestale si erano calati anche nell'area del cratere, spento da anni, per una bonifica. Risultati: in superficie erano stati riportati undici copertoni, cinque di auto e sei di camion, cinque batterie esauste, due fusti di plastica. Anche la magistratura non è rimasta con le mani in mano. Ha disposto sequestri, indagini. Ora il parziale via libera visto che non ci sono rischi per la salute pubblica. Almeno per ora. Ma adesso in gioco c'è il bene ambientale. C'è il Vesuvio, uno dei pochi simboli italiani conosciuti nel mondo, celebrato da ogni tipo di canzone, emblema di una città che da sola si è massacrata. Quasi suicidata. F.d.O