Ferilli: l'Orchestra di Piazza Vittorio
sia modello d'integrazione per tutti
Mille i ruoli e i volti che la sensuale Sabrina Ferilli mostra al suo pubblico, ma tutti tenuti insieme dallo stesso fil rouge, quello tirato dalle mani sapienti di una diva autoironica, versatile, appassionata, politicamente impegnata, ma soprattutto innamorata della «sua Roma». Una città che ha da sempre nel cuore, nonostante sia nata nella piccola provincia di Fiano Romano. Sabrina Ferilli, cosa le piace di Roma? «In genere io amo molto le province. Più delle grandi città, perché sono gli unici posti nei quali tuttora si provano emozioni vere e genuine, sentimenti forti, posti che ancora oggi riescono a conservare il rispetto sacro verso gli individui. Però, Roma è una città a sé stante e quando sono troppo lontana dalla Capitale mi sembra sempre che mi manchi qualcosa». Cosa in particolare? «Roma trasuda di Storia, quella con la S maiuscola. Basti pensare alle tante scene dei film più famosi: Mastroianni e la Ekberg a Fontana di Trevi diretti dal grande Fellini. La "Roma città aperta" di Rossellini, che è ancora oggi il mio massimo punto di riferimento. La via Veneto della dolce vita romana, adorata dalle più grandi star hollywoodiane. Per non parlare delle borgate, quelle della Garbatella, di pasoliniana memoria. Senza dimenticare la zona del Mandrione. Era un'area piena di baracche e prostitute che, dopo le citazioni di Pasolini, è diventata a mano a mano un quartiere di tutto rispetto, con un passato da protagonista di pellicole d'autore e di un'inchiesta antropologica curata, oltre che dallo stesso Pasolini, anche da Elsa Morante e Goffredo Parise. E che dire di Fidene? Antica città di confine tra l'Urbe e gli Etruschi, che tenne testa a Roma per quattro secoli. Perciò, attenzione, borgata è sinonimo di storia e di cultura». Con l'avvento di tanti stranieri, Roma ha però cambiato volto e quartieri, come ad esempio l'Esquilino, vanno perdendo le loro antiche tradizioni. Non crede? «La nostra città ospita oggi oltre 300mila stranieri che arrivano da circa 200 nazioni diverse. È ormai una città nella città. Ma per me questi 300mila non sono "altri" rispetto a noi. Come nel mio ultimo film, "Tutta la vita davanti" di Virzì, viene sfatato il luogo comune che i laureati rappresentino una categoria di intoccabili, così occorre abbattere le diffidenze verso gli stranieri. Conosco tanti laureati cretini e tanta gente semplice intelligente. È importante accendere la lampadina del cervello, quella è uguale per tutti. Sarebbe sbagliato pensare agli stranieri come a "romani non de Roma", a individui portatori di un potenziale problema e non di nuove risorse. L'Esquilino non deve trasformarsi in una palestra di scontro etnico, Roma non deve avere zone chiuse. All'Esquilino è nata un'orchestra conosciuta in tutto il mondo per la sua musica interpretata da musicisti di tutte le razze: è un laboratorio riuscito di integrazione e convivenza. Facciamo in modo che in tutto l'Esquilino e a Roma stessa si suoni un'unica melodia, quella dell'Orchestra di Piazza Vittorio». Da qualche giorno si sono placate le polemiche sulla fine dei lavori al Mercato Trionfale: quanta importanza hanno per Roma i mercati popolari? «Oggi, come ieri, il mercato a Roma è l'icona del lavoro duro, della gente che sia alza al mattino prima dell'alba. E anche il Mercato Trionfale, che si estende su via Andrea Doria, ha questa caratteristica. Con il vociare dei venditori in dialetto romanesco che ti accolgono sempre col sorriso. Anche se i mercati romani dovessero cambiare sede o forma dei banchi, è importante che non perdano i loro colori, i profumi e i rumori che li rendono unici. Come Porta Portese, dove durante la guerra si respirava la disperazione: oggi per fortuna si respira invece l'aria del mercatino vero, dove non smetteresti mai di curiosare e comprare oggetti di ogni tipo». Esiste nel cuore di Sabrina un posto romano deputato ad essere per qualche motivo, magari sentimentale, il migliore? «Il mio posto del cuore è la Chiesa di San Pietro in Montorio, un gioiello del '400 in cima al Gianicolo. Non solo perché la tradizione vuole che la chiesa nacque nel punto in cui venne crocifisso San Pietro, là dove il Bramante ideò poi un tempietto circolare. Non solo perché lì vi è sepolta una donna coraggiosa come Beatrice Cenci, decapitata per aver ucciso il padre che abusò di lei. Ma soprattutto perché tra quegli affreschi del Vasari e la Cappella del Bernini, nel 1963 mamma e papà si sono sposati, e ogni volta che ci passo mi commuovo». Figlia di un funzionario del Partito Comunista, non ha mai fatto mistero della sua rossa fede politica: alle soglie delle prossime elezioni, quale scenario immagina per il Paese? «Chi credo vincerà le elezioni per scaramanzia non lo dico. Spero che vinca il nuovo. Ma soprattutto il buon senso. Se i politici usassero il cervello e fossero più attenti ai problemi della gente, tutto migliorerebbe. Se alle persone non verrà data la possibilità di avere un lavoro e una casa, si andrà sempre più verso una forma di regressione culturale nella quale nessuno potrà più esprimersi liberamente. La flessibilità serve per dare un taglio alla disoccupazione, ma spesso i datori di lavoro la usano a loro vantaggio e allora diventa una truffa per i lavoratori. La politica è presente sin dall'infanzia nella mia vita: mio padre mi portava ai comizi a sentire Giorgio Pajetta, Enrico Berlinguer e Giorgio Napolitano. La politica è una forma di responsabilità che aiuta a trovare l'equilibrio, si occupa di giustizia e ingiustizia». Crede che le donne italiane godano di par condicio nella nostra società? «Uomini e donne sono uguali. Le donne si sono emancipate molto e ancora molto c'è da fare per ottenere i posti cosiddetti di potere, che in genere gli uomini si tengono ben stretti. Però, la donna ha una grande fortuna, quella della maternità: oggi si diventa madri anche senza un compagno accanto. Questa è una grande forma di libertà e credo che il futuro agevolerà il cammino delle donne». Se la Roma vincerà lo scudetto, si spoglierà ancora al Circo Massimo? «Per scaramanzia dico solo: "Forza Roma"! Ce la possiamo ancora fare». Dopo il film di Virzì, sta girando una nuova fiction: cosa cambierebbe della tv di oggi? «Il Colosseo è l'esempio storico di ciò che l'uomo non dovrebbe fare: lì si tenevano le lotte tra le belve, venivano sbranati i condannati e i cristiani, i gladiatori combattevano fino alla morte. Un vero e proprio spettacolo di sangue. Ma se quella Roma è finita, oggi il Colosseo è dappertutto, soprattutto in tv, dove alcune trasmissioni si compiacciono dell'orrore della cronaca per alzare gli ascolti. Questa è la tv che a me non piace».