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Gentile direttore, Le scrivo dopo aver letto l'articolo ...

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Parlare di famiglia, della necessità di rilanciare l'attenzione della politica nei suoi confronti e nei confronti delle donne dopo due anni di totale disinteresse da parte del governo del centrosinistra ci sembrava utile a chiarire quali fossero le parole d'ordine e le proposte fattive a sostegno di quello che consideriamo istituto centrale e insostituibile della società nella quale viviamo. Invece... leggiamo dalla sottile ironia della «penna» del vostro quotidiano che nessuna di noi sarebbe titolata a parlare di Famiglia perché tutte sprovviste di marito e figli a carico (notizia peraltro sbagliata, che vi invito a verificare). La critica è davvero singolare: e se volessimo parlare di droga, dovremmo prima passare dal tunnel della tossicodipendenza? Per fare proposte contro la pedofilia, dovremmo aver subito molestie in tenera età o aspettare i ragazzini all'uscita delle scuole? E se ci occupassimo di pena di morte? O di lotta alla mafia? Chi scruta nella nostra vita privata per affibbiare patenti di titolarità dimentica che il ruolo dei Parlamentari è quello di fare le leggi avendo a cuore i problemi della propria comunità nazionale e sforzandosi di trovare le soluzioni, a prescindere dalla propria condizione personale. Personalmente ho da poco superato i trent'anni e ho l'onore di guidare un grande movimento giovanile italiano, Azione Giovani, che da decenni si batte per interpretare i bisogni del popolo italiano con iniziative concrete. Forse per questo non ho pensato di sottopormi alla fecondazione assistita prima di scrivere una proposta di legge organica di incentivo alla natalità e sostegno alla maternità, come quella che ho depositato lo scorso anno. Così come non mi sono rivolta ad una agenzia matrimoniale prima di presentare la pdl sull'accesso al mutuo da parte delle giovani coppie. Mi è bastato sapere che in Italia ci sono decine di migliaia di giovani che una famiglia non possono neppure sognare di costruirla. Del resto come potrebbero con un lavoro precario, il mutuo proibitivo, il costo della vita alle stelle, la pensione da pagare ai propri nonni e una classe politica «gerontocratica» più avvezza a «proibire» che a «prevenire». Allo stesso modo, forse per prime noi donne che ci occupiamo di politica sappiamo come sarebbe difficile riuscire a conciliare i ritmi del nostro impegno con l'amore e la cura che una famiglia meriterebbe, perché mancano i servizi, gli strumenti, lo Stato. Perché non c'è una cultura che lo consenta. Quello che le colleghe e io abbiamo tentato di dire nella conferenza stampa, è che ci piacerebbe vi fosse maggiore rispetto per le donne, alle quali si fa pagare duramente - in termini di spazi e possibilità - il fatto di essere indispensabili nella salvaguardia del nucleo familiare, salvo poi deriderle se si preoccupano del futuro di una Nazione nella quale si continua a parlare di matrimoni omosessuali ma non si riesce a difendere e sostenere quelli «naturali», nei quali un figlio diventa un lusso, malgrado e nonostante la volontà degli aspiranti genitori. Per questo proseguiremo sulla strada dell'impegno a tutto campo nella difesa di quel nucleo di solidarietà che è la Famiglia, consapevoli di come sia una opportunità incredibile quella di poter mutare le idee in atti concreti. Trasformeremo così in Leggi dello Stato una serie di proposte che non provengono dalla mente disturbata di un gruppo di «zitellone», ma dal cuore profondo di questa Italia. E se non ci riusciremo saranno gli italiani a giudicarci. A prescindere dal nostro stato civile.

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