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Marcegaglia e Pd, patto d'acciaio per Confindustria

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LaLady di ferro, come è stata ribattezzata in virtù delle aziende di famiglia che operano nel settore metallurgico, ha testa, cuore e una personalità che difficilmente scende a compromessi. Non è un segreto che la signora Black and Decker, altro soprannome coniato per lei, piaccia più a sinistra che a destra. In fondo, basta leggere le dichiarazioni dei leader di Pd e Pdl per averne conferma. Veltroni è euforico: «È una donna e una giovane imprenditrice, una persona che ha talento e competenza». Poi elogia «la soluzione unitaria che, nella sua novità e continuità, rappresenterà una grande risorsa per Confindustria e l'imprenditoria italiana. Un ruolo importante che Confindustria avrà e che credo che continuerà con Emma, come è stato per Montezemolo». Laconico il telegramma di felicitazioni di Berlusconi: «Auguri alla signora Marcegaglia». Così la signora guarda avanti e auspica che «questa presidenza sia un simbolo per tutte le donne italiane per una partecipazione più attiva al mondo del lavoro e dell'economia». Il ministro Bersani plaude: «Ha alle spalle una storia industriale, ricca di successi e di orgoglio. Una imprenditrice che rappresenta una svolta». Prima donna al vertice dei Giovani Industriali, dal 1996 al 2000, Emma Marcegaglia è arrivata alla presidenza di Confindustria con un plebiscito, 125 sì su 132, un evento che non si verificava dai tempi della elezione di Luigi Abete, nel 1992. In Europa l'hanno preceduta la francese Laurence Parisot, alla guida del Medef dal 2006, e la turca Arzuhan Dogan Yalcindag. Emma è la figlia minore di Steno Marcegaglia, presidente della omonima holding, decimo gruppo industriale italiano con un fatturato di oltre 4 miliardi di euro e 6.500 dipendenti in 50 insediamenti produttivi in Italia e all'estero, tutti attivi nel settore del metallo. L'acciaio, per l'appunto. Come il carattere di Emma e il patto che sembra aver stretto con imprenditori del calibro di Merloni, Della Valle, Tronchetti, Polegato e la famiglia Colaninno tanto che il giovane Matteo, mantovano come lei, ha commentato l'elezione come «segnale straordinario e simbolo di speranza per l'Italia». Emma è una predestinata: esaurito il mandato alla guida degli "under 40" venne designata già nel 2000 alla vicepresidenza di Confindustria per l'Europa, ma due anni dopo lasciò, in seguito a uno scontro con l'allora presidente Antonio D'Amato. Tra coloro che non la amano occorre annoverare Benetton e Squinzi e pare che non goda del pieno supporto dell'entourage della Fiat. Ma il curriculum è eccellente: laureata alla Bocconi, master in business administration all'Università di New York, capacità di gestione aziendale e dei rapporti in Confindustria da prima della classe. Difficile prendersi gioco di lei e anche le battute sulle gonne un po' troppo corte sono già fuori moda. Il look è meno aggressivo, la testa è quella di sempre: ha ricompattato il fronte imprenditoriale sanando definitivamente la spaccatura che si registrò quattro anni fa quando, al termine di una serratissima campagna elettorale, Luca Cordero di Montezemolo la spuntò su Nicola Tognana. Una vittoria: non la prima, non sarà l'ultima.

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