Fini: «Sfido Veltroni, in aula riforme insieme»

L'occasione gliela offre una riflessione sul fatto che il leader del Pd insegue i temi che da tempo portano avanti Forza Italia e Alleanza Nazionale sulla sicurezza, dal mettere più poliziotti in strada alla punizione certa per chi commette reati. Così, sgombrando la strada dalle possibilità di larghe intese al governo, Fini sfida il segretario del Pd ad abbandonare in aula la bandiera dell'opposizione. «Se i programmi davvero si assomigliano — spiega il leader di An — vedremo come si comporterà il Pd, vedremo se Veltroni sarà coerente». Un esempio di collaborazione in aula può essere quello delle riforme. «Siccome anche nel programma del Pd è sottolineata la necessità di ridurre il numero dei parlamentari — continua — non vedo dove sta scritto che debba essere il governo a presentare una legge su questo argomento. L'importante è che in Parlamento ci sia collaborazione su temi che appartengono al Pd e al Pdl. A quel punto non sarà nato il governo delle larghe intese, né il governo Berlusconi-Veltroni, ma una convergenza dell'opposizione su proposte condivise da tutti». Fini, a cui il tema evidentemente sta a cuore, prosegue con altri esempi. «Se il governo proporrà di abbassare la pressione fiscale dal 43 per cento al 35 per cento non vedo come Veltroni possa mettersi a contestare. Per questo credo che il Pd farà un'opposizione meno forte di quella che poteva essere fatta dal centrosinistra». E anche se ieri ha preferito usare toni soft nei confronti dell'avversario, il leader di An non prende neppure in considerazione l'ipotesi che le elezioni finiscano con un pareggio: «L'ipotesi che tanti temono e qualcuno si augura, il 14 aprile scomparirà ed evaporerà». Il motivo, per il leader di An, è semplice: «Gli italiani nel momento in cui andranno a votare lo faranno ricordandosi di tutti gli appelli affinché esca dalle urne una maggioranza che assicuri la governabilità. L'elettore renderà "utile" il suo voto finalizzandolo a garantire governabilità». Poi Fini torna anche sull'alleanza stretta tra Forza Italia e An e spiega che, a differenza di quello che era successo a piazza San Babila «quando Berlusconi aveva fondato un partito dicendo agli altri "venite con noi"», ora invece «abbiamo davanti un foglio bianco che stiamo scrivendo insieme». Infine la politica estera, tema caro all'ex responsabile della Farnesina (il quale comunque stavolta opterà per la poltrona di presidente della Camera). Primo fra tutti il tema, caldissimo, della missione in Afghanistan. Gli Stati Uniti potrebbero infatti chiedere all'Italia un maggior impegno in quella zona e la possibilità di cambiare le nostre regole di ingaggio. Fini resta cauto su entrambi i fronti. «Sappiamo tutti che abbiamo problemi di bilancio — commenta — ma l'Italia proprio per garantirsi una voce in capitolo con le grandi potenze deve assumersi la proprie responsabilità. Partecipare alle missioni militari serve ad acquistare credibilità. Però è impossibile moltiplicare i teatri di intervento e rispondere positivamente a ulteriori richieste. Dobbiamo saper calibrare le zone dove decidiamo di intervenire, ad esempio la nostra presenza in Libano è sovrastimata rispetto alle necessità». Per quel che riguarda le regole di ingaggio Fini spiega che «con le regole attuali abbiamo problemi con quei Paesi che ne hanno di diverse e più avanzate. Quindi la prima esigenza quella di renderle uniformi».