Fino a 50mila euro per essere eletti
Tantoche, da qualche anno, i partiti hanno lanciato una nuova moda: i candidati in posizioni eleggibili, quando accettano, devono versare dei soldi. Guai a parlare di compravendita di candidature. Il problema, spiegano, è che la nuova legge elettorale ha aumentato i costi a carico dei partiti centrali. Così meglio correre ai ripari. Il Partito Democratico lo ha addirittura messo nero su bianco, introducendo un articolo ad hoc nel regolamento per le candidature approvato lo scorso 20 febbraio. Al punto 10, infatti, si legge: «I candidati alle elezioni politiche si impegnano a contribuire alle spese che il partito sostiene per la campagna elettorale attraverso un versamento da effettuarsi contestualmente alla firma dell'accettazione di candidatura. L'ammontare di tale versamento sarà definito d'intesa tra la Tesoreria nazionale e i regionali e dovrà tener conto della posizione del singolo candidato nella lista». La domanda, a questo punto, nasce spontanea: quanto bisogna pagare? Basta alzare il telefono e contattare le sedi regionali che, con molta trasparenza, forniscono il «menù». Così, ad esempio, è possibile sapere che Antonio Boccuzzi, il sopravvissuto al rogo della Thyssen Krupp candidato alla Camera nel collegio Piemonte I (secondo in lista), dovrà pagare 30mila euro. Si tratta, infatti, di un vincente alla prima nomina. Diverso il trattamento per Piero Fassino (vincente ma anche deputato uscente). Per lui il conto è di 50mila euro. Cinquemila anche per coloro che si trovano in una posizione in bilico, 1000 per tutti gli altri. Circa 50mila euro verranno chiesti anche ai candidati blindati della Lombardia. Mentre i liguri potranno risparmiare qualcosina: 40mila per un posto sicuro, 10mila per quelli traballanti. Trattamento speciale, invece, per l'industriale Massimo Calearo. La segreteria regionale del Veneto ha infatti fissato una quota vicina ai 35mila euro. Scendendo verso Sud la musica non cambia: 50mila in Lazio, 35mila in Umbria, 40mila nelle Marche, 50mila in Campania e in Calabria. Tutto, ovviamente, per posizioni eleggibili. Anche perché chi resterà sicuramente fuori non ha alcuna intenzione di aprire il portafoglio. In verità ci sono dubbi anche sugli altri. Già nel 2006, infatti, ci fu qualche problema. In ogni caso, chi sfuggirà sappia che non è finita. L'articolo 10 continua ricordando che «in riferimento all'articolo 23 comma 2 dello Statuto i parlamentari eletti verseranno un contributo mensile nella misura che sarà determinana dalla Tesoreria nazionale d'intesa con i gruppi parlamentari». Fin qui il Partito Democratico, ma il Pdl? Nel partito di Silvio Berlusconi non esistono regole ufficiali. Qualcuno parla di 70mila euro, altri di molto meno, altri ancora sottolineano che, normalmente, i soldi vengono raccolti attraverso cene elettorali. Poco importa. Dovesse andare male, ci sono sempre i contributi pubblici ai partiti.