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Si rivede Prodi e tornano le liti

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Veltroni e Prodi

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Il silenzio di Walter Veltroni e di buona parte del Pd davanti alle dichiarazioni di Massimo Calearo non è piaciuto. Certo, il segretario ha telefonato direttamente al Professore per rassicurarlo (e si è premurato di farlo sapere). Ha spinto l'ex presidente di Federmeccanica, oggi capolista del Pd alla Camera nel collegio Veneto I, a rettificare i suoi giudizi troppo entusiasi su «San Mastella» che ha liberato l'Italia dal governo prodiano. Ma, in pubblico, non ha speso una parola. È rimasto zitto e, con lui, hanno taciuto D'Alema, Fassino, Rutelli e tanti altri. Rimasti in silenzio anche quando gli attacchi sono arrivati da Silvio Berlusconi ospite di Porta a Porta. Così, a difendere il Professore ci ha dovuto pensare il fedelissimo Giulio Santagata: «L'onorevole Berlusconi va sbandierando in questi giorni l'abolizione dell'Ici con un costo di circa 2 miliardi di euro. Ricordo che con il decreto fiscale che ha accompagnato l'ultima Finanziaria, il governo Prodi ha stanziato per questa misura circa un miliardo di euro, aumentando le detrazioni Ici fino a 303 euro esentando così di fatto il 40% delle famiglie italiane e riducendo sensibilmente il carico per le altre». Insomma, l'esecutivo guidato dal Professore avrebbe anche fatto delle cose, peccato che nessuno le ricordi o, meglio, abbia voglia di ricordarle. Dopotutto non c'è da meravigliarsi. Fin dall'inizio la strategia di Veltroni è stata chiara: cercare di smarcarsi in tutti i modi da chi lo aveva preceduto. Un'impresa tutt'altro che semplice. Basterebbe scorrere le liste del Pd. Dentro ci sono ben 16 ministri del governo Prodi. Il diciassettisimo, Emma Bonino, deve ancora accettare la candidatura (sarebbe capolista del Pd al Senato in Piemonte), mentre il diciottesimo Antonio Di Pietro, apparentato con il Partito Democratico, vi confluirà dopo il voto. Se a questi si aggiungono Giuliano Amato che ha rinunciato al proprio posto e Tommaso Padoa Schioppa che era comunque un tecnico vicino al Professore, il conto è presto fatto: 20 componenti dell'esecutivo su 25 (21 con il premier) appartengono al partito di Veltroni. Eppure il segretario non vuole saperne. Il passato deve essere cancellato o, comunque, relegato a dichiarazioni di circostanza (come quelle elogiative sulla lotta all'evasione e sul risanamento dei conti). Certo, bisogna dire che Prodi gli ha dato una mano. Dopo aver rinunciato alla candidatura, il Professore è praticamente scomparso. Per lui solo occasioni ufficiali (ieri, ad esempio, non ha partecipato al comizio veltroniano di Bologna limitandosi a telefonare). Certo, è riuscito a confermare la pattuglia di prodiani nelle liste, ma non è mai intervenuto nel dibattito politico. Ora però, il patto di ferro, sembra essersi incrinato. Tanto che Arturo Parisi, dopo aver minacciato di ritirarsi per le dichiarazioni di Calearo, rilancia: «Calearo c'entra poco. Se fosse per lui dovrei solo ringraziarlo perché ha reso possibile un chiarimento. Finora, però, ho sentito solo la sua voce. Quello che volevo capire è se debbo presentarmi agli elettori scusandomi per quello che ho fatto. Se così fosse sarebbe per me impossibile accettare la candidatura». Ma neanche la provocazione del ministro della Difesa sembra smuovere Veltroni che continua a tacere. Forse perché non sono solo i prodiani il problema del candidato premier. La «maionese» del Pd, infatti, sembra essere impazzita. La pattuglia Radicale hanno continuato nel braccio di ferro sui posti garantiti (cosa che non fa assolutamente piacere all'anima cattolica del Pd). In serata il braccio destra di Veltroni, Goffredo Bettini, fa sapere: «Ho ricevuto tramite una lettera, l'accettazione formale dei Radicali alla nostra proposta sulle liste. A questo punto ritengo non ci sia più alcuno spazio e motivo per dubbi e polemiche e che tutti insieme, finalmente, si possa concorrere alla battaglia elettorale, così difficile ma appassionante che ci sta dinanzi». Anche se, la vicenda ha domostrato che non sarà una passeggiata gestire la pattuglia guidata da Emma Bonino. Poco male Veltroni è sicuro che, il 13 e 14 aprile, «sarà un testa a testa», anzi, aggiunge, «è assai probabile che alla fine il Senato non sarà in grado di fare le riforme necessarie». Nel frattempo, il segretario del Pd ha incontrato alcuni parlamentari per fare il punto sul lavoro di stesura dei testi che tradurranno i 12 punti del programma in disegni di legge e, davanti alla Confartigianato, lancia una proposta: «Se il Pd vince le elezioni, si potrà dar vita ad una impresa in un solo giorno». Un'idea che scatena l'ira dell'ex Radicale Daniele Capezzone che, già nella scorsa legislatura, mise a punto una proposta di legge in materia. Qualche prodiano commenta ironico: «Walter ha già esaurito gli argomenti. Forse potrebbe ricordare quello che ha fatto Prodi».

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