Emergenza rifiuti, inchieste giudiziarie, indagati, ...
C'è un'industria al Sud che non conosce crisi: i rifiuti. In Campania la fabbrica della «monnezza» macina ogni anno profitti record destinati ad arricchire politici e imprenditori. Da più di 15 anni, in nome dell'emergenza rifiuti, la Campania assorbe centinaia di milioni di euro. Denaro che alimenta un circuito economico spesso in odore di camorra. Le immagini devastanti di una regione in ginocchio, sommersa dalla spazzatura, sempre sull'orlo del disastro igienico-sanitario, con proteste e rivolte popolari, producono altri devastanti effetti collaterali: la fuga dei turisti e la condanna dell'Unione europea. Dopo anni di disattenzione finalmente la magistratura penale e quella contabile hanno acceso un faro sul business della spazzatura. Nel testo si spiega come «per i magistrati, se le cose non sono andate bene, la colpa è da attribuire al Pci, che non è il partito comunista italiano, ma l'acronimo di Potere calorifero inferiore del Cdr o ecoballe, che non deve essere inferiore a 15 mila Kj/Kg ed avere un'umidità pari e non superiore al 25 per cento. Si tratta di caratteristiche chimico-fisiche minime richieste per legge per consentire l'avvio delle balle di Cdr (quegli enormi cilindri di immonidizia impachettata e incellofanata e poi accantonati dappertutto in Campania) agli impianti di termovalorizzazione in costruzione». Nel libro di Chiariello c'è anche la conversazione telefonica del 7 marzo del 2005 tra il prefetto Corrado Catenacci e il capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso. Al centro della conversazione il giro di denaro attorno all'affare rifiuti. «Corrado Catenacci: ho fatto i conti con Turiello e ne esce una cifra mostruosa. Guido Bertolaso: Quanto? Corrado Catenacci: 1325 miliardi. Guido Bertolaso: Mortacci, ragazzi». Le vicende dei rifiuti hanno portato anche al sequestro dei siti di stoccaggio delle ecoballe. Chiariello scrive che «è anche un altro filone d'inchiesta napoletana sul ciclo dei rifiuti che ha portato il giudice delle indagini preliminari, Rosanna Saraceno, a disporre il sequestro di nove siti di stoccaggio delle balle di Cdr, il combustibile da rifiuti, con ben 3 milioni di ecoballe (più della metà del capitale di immondizia prodotto e stoccato dalle aziende del gruppo Impregilo) ritenute dai magistrati non solo non ecologiche ma dannose per la salute pubblica». Insomma il nocciolo della questione è la qualità del Cdr (combustibile da rifiuti). Nel suo «Monnezzopoli», Chiariello non usa mezze misure e precisa che si tratta di «una montagna di spazzatura accantonata in siti inidonei e spesso non autorizzati che ad agosto del 2007 pesava circa 6 milioni di tonnellate ovvero 5 milioni e mezzo di ecoballe che se fossero state prodotte a norma avrebbero rappresentato una ricchezza per le aziende affidatarie, ma che invece ora rappresentano l'emergenza nell'emergenza rifiuti della Campania, perché nessuno sa che cosa farsene, come recuperarle e dove bruciarle. Messe una sopra l'altra tutte queste balle di rifiuti prodotte finora formerebbero una base grande almeno quanto l'intera area di Ground Zero e in altezza supererebbero i 4000 metri del monte Rosa». Quanto agli appalti, il libro spiega che sono stati «pagati profumatamente per rendere un servizio che non è mai stato fornito, per risolvere problemi che sono invece stati ingigantiti, spesso con l'avallo di chi avrebbe dovuto imporre il rispetto di tutti gli obblighi contrattuali assunti». Il libro si conclude con il grido d'allarme lanciato qualche tempo fa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Aiutate Napoli ad uscire da questa tragedia». Ancora molte parole saranno pronunciate su questa vicenda, ancora molta luce dovrà essere gettata sui rifiuti campani.