Paolo Zappitelli p.zappitelli@iltempo.it Berlusconi e ...
«Che è l'esatto contrario del bipolarismo muscolare che si è visto fino a oggi — spiega — Non deve essere necessariamente un accordo di governo, deve servire a realizzare le riforme che servono all'Italia. Del resto questo sistema politico si muove verso il bipartitismo e il merito è la caduta del governo Prodi che ha accelerato questa trasformazione». Di quella caduta lei doveva essere il principale artefice. Invece è esplosa la vicenda Mastella. Cosa è accaduto in quei giorni? «Io avevo presentato a novembre a Romano un progetto in sette punti per ridurre la spesa corrente e ridare un po' di fiato alla nostra economia. Lui mi disse che andava bene ma la sinistra radicale gli impedì di andare avanti. Quando Prodi è arrivato alla prova in Senato — pur sapendo di non avere una maggioranza e pur essendo stato sconsigliato dalle più alte cariche istituzionali — mi chiamò dicendomi che avrebbe accettato tutte le mie proposte. Ma a quel punto era tardi, si era rotto il rapporto di fiducia. Del resto la storia del passato esecutivo è fatta solo di "tassa e spendi". Ma in quei due mesi di crisi nessuno ha mai «sposato» il suo programma? «Guardi io non ho mai sentito un mio collega dire che era importante la crescita economica. Contava solo la ridistribuzione. Ma la ricchezza bisogna crearla per poterla investire. È stata la dimostrazione che con quella sinistra non si può governare». Ora lei è tornato con Berlusconi. È un po' un cerchio che si chiude: nel '94 era con il Cavaliere, poi l'esperienza con il centrosinistra, adesso di nuovo con il Pdl. «Io sarei rimasto ben volentieri nell'Unione se ci fosse stato spazio per le idee che i Liberaldemocratici portano avanti. Ma non è stato possibile, la sinistra radicale ci stava portando irrimediabilmente al declino». Dove si candiderà? «Non lo so, lo decideremo la prossima settimana insieme a Berlusconi. Ci sarà spazio per me e per altri esponenti della mia formazione». Lei sarà in lista, nel centrosinistra invece c'è stato una specie di terremoto: De Mita è stato escluso da Veltroni e Mastella è costretto a correre da solo perché nessuno lo vuole più... «Il caso di Ciriaco è paradossale. In nome del "nuovo" è stato mandato a casa un uomo di Stato come De Mita perché ha raggiunto 80 anni. Però hanno candidato Veronesi che ne ha 83. Allora io dico: o tutti e due fuori o tutti e due dentro. Per Mastella mi dispiace anche se non nego che ha sempre utilizzato il suo potere come mezzo di ricatto sia per fare il ministro della giustizia sia per far eleggere la moglie in Campania. Però se guardo alle nomine fatte dal governo non mi sembra che Prodi si sia comportato in maniera diversa: ha sempre scelto suoi amici bolognesi». È per questo che lei ha appena scritto un libro dal titolo «Oltre la partitocrazia»? «L'invadenza dei partiti è evidente in tutti i rami della società. Oggi, se vogliamo abbassare la pressione fiscale dobbiamo ridurre le spese dello Stato e degli enti locali. E nel libro ci sono 12 punti per farlo». I più importanti quali sono? «Innanzitutto bisogna ridurre drasticamente il numero degli eletti, a tutti i livelli, dal Parlamento ai Comuni. E abolire lo spoils system che è diventato una ulteriore ingerenza della politica nelle nomine. Ma come si può pensare che un cittadino che va in ospedale debba essere curato da un medico scelto per appartenenza di partito e non per la sua professionalità?». Lei parla di una specie di una tantum per «sfoltire» il pubblico impiego. Di che si tratta? «Di una riduzione del 5% di dipendenti pubblici attraverso sistemi di incentivazione all'esodo. Ho calcolato che in questo modo si avrebbe un risparmio di un miliardo e mezzo di euro il primo anno, di quattro miliardi nel secondo e di sei miliardi una volta andato a regime il sistema. Questo accompagnato dall'assunzione di soli 2 impiegati ogni 5 che sono usciti. In questo modo si aumenta anche la produttività». Le sue proposte entreranno nel programma di Berlusconi? «Certo, ci sono già».