Il Tesoro blinda i nomi politici col conto in Liechtenstein
Ilpresidente dell'Udc spiega che lo poteva fare perché residente lì, a Vaduz. Altri, invece, decine e decine di italiani di ogni estrazione sociale, hanno aperto un conto nel principato senza residenza, spostando denaro dall'Italia. Perché tanto rumore? La vicenda inizia qualche giorno fa, quando dal Liechtenstein vengono inviati al ministero delle Finanze i nomi degli italiani che hanno un conto a Vaduz. «Sono decine e decine i nomi», racconta il viceministro Vincenzo Visco. «Non solo nomi eccellenti - prosegue - Nella lista ci sono italiani di tutti i tipi». Ma, chiaramente, sono i nomi eccellenti ad agitare gli animi. Così, quasi fosse per lui un diritto, il primo ad alzare la voce è il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro. La lista è superblindata in una stanza del ministero, ma l'ex magistrato chiede di conoscere i nomi «almeno dei politici italiani. Da cittadino e da leader di partito impegnato nella redazione delle liste di candidati alle prossime elezioni, ritengo di avere il diritto di conoscere i nomi quantomeno dei politici, per evitare di ritrovarmi a candidare persone che poi invece non hanno tempo per venire in Parlamento, in quanto impegnati in tribunale». L'Agenzia delle entrate non divulga nulla in attesa di fare degli accertamenti, ma a richiedere i nomi c'è anche la Sinistra arcobaleno e il Pd. Lo scandalo di proporzioni internazionali ha origine in Germania. «I servizi segreti tedeschi - spiega ancora Rocco Buttiglione - hanno comprato dei file riservati che, immagino, contengano file relativi a conti cifrati e a conti coperti da fondazioni che consentono di occultare chi c'è dietro». Ma come comprati? Sì, comprati da un impiegato infedele della Liechtenstein Group Lgt, che ha venduto il dischetto relativo alle transazioni segrete di circa 1.400 clienti, per la «modica» cifra di 4,2 milioni di euro. Buttiglione continua con le spiegazioni: «È una cosa naturale» tutti quei conti, dato che «ci sono circa duemila italiani che lavorano lì e quindi anche duemila conti, tra cui anche il mio. Quando io ho smesso di lavorare in Liechtenstein - prosegue Buttiglione - l'ho tenuto aperto nella romantica speranza di riuscire a tornarci, un giorno. Su questo conto non avvengono operazioni da diversi anni. Non ho nulla da nascondere». Se sulla lista dei nomi italiani c'è ancora molto da scoprire, di certo c'è che nel principato i sistemi sono due. «Uno per chi vive lì - spiega Buttiglione - che è come per qualsiasi altro Paese. L'altro è quello per i grandi traffici internazionali. Non so quanti di quei nomi abbiano in mano, ma è probabile che qualcosa ci sia. Però non riguardo al riciclaggio o alla mafia. È difficile, sono molto scrupolosi».