Velroni lancia Rutelli: "A France', se te va..."

A raccontare come sia andata davvero è lo stesso Francesco Rutelli che dal palco del Palalottomatica ammette: «Fino a qualche settimana fa tutto pensavo tranne di ritrovarmi qua oggi». È questo il senso della festa «Viva Roma», che ieri ha salutato il suo sindaco, Walter Veltroni, e dato il sostegno alla candidatura di Rutelli per la carica di primo cittadino. Una consegna di chiavi simbolica che ha avuto come filo conduttore sette anni di lavoro, di cose realizzate, di volti divenuti familiari. «È strano vedervi tutti insieme - ammette Veltroni dal microfono del Palottomatica - ciascuno di voi, nella propria posizione ha compiuto qualcosa per questa città. Vedo i ragazzi di Kanimambo, con i quali abbiamo vissuto delle esperienze fantastiche in Africa, i ragazzi che sono venuti ad Auschwitz, le famiglie che in questi anni sono state colpite da tragedie terribili e innaturali, come quelle di perdere un figlio e con le quali ho sempre mantenuto un contatto, perché c'è un filo che unisce tutto questo - continua Veltroni - che è la voglia e la responsabilità che nessuno resti solo. È un filo che passa certamente per la solidarietà ma anche per la memoria e per quel senso di comunità che abbatte l'odio. Queste sono cose che legano le persone e legano la città». Un discorso chiaro, quello di Veltroni, che solo dopo venti minuti si lascia sfuggire «questo è il simbolo di come l'Italia può essere. No, no, questa è solo una parentesi - rassicura - oggi si devono affrontare altri discorsi, la campagna elettorale si fa altrove». E poi però riprende. «Guardate è impressionante come in queste mie prime undici tappe, me ne mancano 199 ma ce la farò, la quantità di persone che viene, l'entusiasmo che hanno, questo è l'orgoglio di essere romani, di essere italiani, di appartenere a questo grande paese». Un accenno alla campagna che lo vede candidato leader, poi un altro sguardo alla platea, la «sua» platea e torna a parlare di Roma. «È una città che ti toglie il cuore ogni volta che la si vive, che la si attraversa. Il nostro è stato un grande lavoro di ricucitura, una grande e splendida esperienza che Franscesco continuerà. Lui è stato un grande sindaco e sono convinto che lo sarà di nuovo». Poi il «congedo». «Userò le parole di un grande amico, quale Alberto Sordi - dice Veltroni quasi commosso - mi tolgo il cappello, lo porto al cuore e vi dico grazie». Ed è proprio con quel "grazie" che entra in scena Rutelli. Un applauso unico e un lungo abbraccio tra i due rappresentano la consegna simbolica delle chiavi della città. Dopo aver spiegato i "primi approcci" alla sua candidatura, Rutelli confessa: «Prima di accettare quest'altra splendida sfida, ho voluto guardarmi dentro e l'ho fatto andando in giro per la città, parlando con le persone e per capire quale fosse il mio rapporto con i romani e vi prometto che continuerò a farlo, andrò sugli autobus, per gli uffici, nei mercati, anche a prendermi qualche "vaffa". Farò del mio meglio per servire questa città, inizieremo dalla casa. Ma oggi non parlerò di alleanze o di programmi. Voglio ringraziare Walter da romano e da italiano, per il lascito profondo e per aver proseguito il mio lavoro». E già, a questo Rutelli ci tiene e quindi affonda. «Io ho costruito l'Auditorium e tu l'hai fatto funzionare, ora è diventata la macchina culturale più grande d'Europa». La sfida, insomma, è appena cominciata.