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Il Pd frena sul candidato abortista

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Per evitare possibili brutte sorprese, osserva Pannella, «bisogna fare come alle fiere abruzzesi», quando insomma, dopo un'offerta e una controproposta si chiude. I radicali, rivendica il vecchio leader, si sono visti dire no alla loro prima scelta, quella di correre alleati al Pd («e se poi si perde di 200-300mila voti - avverte - chi è causa del suo mal...»). E poi, hanno rinunciato alle candidature sua e di Sergio D'Elia. Intanto, a Paola Binetti, che nei giorni scorsi si era detta «preoccupata» dell'intesa con i radicali e della candidatura di Veronesi, Pannella manda a dire che lui e i suoi sono stati «i primi e gli unici a candidare una suora» e che c'è una bella fetta di cattolicesimo liberale che con loro correrebbe volentieri. Ma la «questione cattolica» continua a tenere banco dentro e fuori dal Pd. Ed è scontro sull'ipotesi che Silvio Viale, medico che ha fatto della questione della pillola abortiva Ru486 una sua bandiera, entri nel gruppo dei nove dirigenti radicali ospitati nelle liste democratiche. Il Pd mette subito i paletti, con Fassino da un lato e Bindi dall'altro che puntualizzano che, Viale o chiunque sarà candidato, dovrà accettare e sottoscrivere il programma. Ma una cosa è certa: i radicali non sono disposti a rinunciare alla propria identità.

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