E Walter rilancia l'asse con la Cgil
Nonostante siano le 9.30 di una domenica mattina, non ha voluto mancare. L'assemblea organizzata dall'associazione «La sinistra per il governo» al teatro Capranica di Roma è qualcosa di più di un semplice appuntamento elettorale. Anzitutto perché l'associazione vede tra i promotori alcuni di quelli che, ad aprile dello scorso anno, contrari alla formazione del Partito Democratico, lasciarono i Ds per dar vita a Sinistra Democratica. Veltroni ha corteggiato a lungo l'ex compagno di partito Fabio Mussi che, però, ha preferito lavorare alla costruzione della Sinistra l'Arcobaleno. Poco male, il candidato premier del Pd non avrà conquistato l'ex ministro dell'Università, ma ha comunque portato dalla sua alcuni «transfughi». Tra gli altri l'ex sottosegretario agli Esteri Famiano Crucianelli, il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, Olga D'Antona moglie del giuslavorista ucciso dalle Br nel maggio del 1999. Ma soprattutto ha portato dalla sua Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil che, con il convegno organizzato ieri, ufficializza la rottura da Sd e, con molta probabilità, guadagna una candidatura nel Pd (si parla di Bologna). Ecco allora che l'appuntamento del Capranica si trasforma in un'occasione per rilanciare un asse che sembrava essersi rotto: quello con la Cgil. E non è un caso che, in platea, sieda, in prima fila, il segretario della Confederazione Guglielmo Epifani. Certo, ufficialmente Pd e Cgil restano autonomi e distinti, ma è chiaro che Veltroni può contare sul sostegno di Corso d'Italia. Oltre ai quattro segretari confederali già vicini al Partito Democratico (Rocchi, Passoni, Maulucci e Guzzonato), infatti, sono dati in avvicinamento Nerozzi, Fammoni e Cantone. Che tradotto vuol dire 7 su 9 (resterebberp orientate più a sinistra solo Paola Agnello Modica e Morena Piccinini). Così la mattinata domenicale si trasforma in uno scambio di «effusioni» tra Walter e Guglielmo. Il candidato premier del Pd sottolinea il contributo «essenziale» del sindacato per stilare «un programma riformista» che ha al primo punto la lotta alla precarietà. Una «mia ossessione civile» la definisce Veltroni che rilancia la proposta di un salario minimo «per i giovani che si trovano in una condizione insostenibile». Anche se per il candidato premier la vera «tragedia» dell'Italia è il «conservatorismo», quell'atteggiamento di una certa sinistra che, in questi anni, ha solo «coltivato la parola "difendere"». «È sbagliata - attacca tra gli applausi - l'idea che un piccolo imprenditore che ha 50 operai sia un padrone contro cui lottare. Spesso è anche lui un operaio che magari si è messo in proprio e si spacca la schiena». Dal canto suo Guglielmo Epifani esordisce ricordando che «bisogna riacquistare la fiducia, ognuno per la sua parte, senza mescolare i ruoli per riprogettare il Paese». Poi, però, si lancia in un'analisi entusiasta del programma del Pd, soprattutto di quelle parti che «coincidono con le richieste sindacali»: dal sostegno dei redditi alla lotta al precariato, dalla centralità dello sviluppo all'attenzione per la sicurezza sul lavoro. «Non ci potrà mai essere nessuna forza progressista - commenta - che non parta dalla centralità e dalla dignità del lavoro». Il sindacalista aggiunge che, assieme al lavoro, i programmi elettorali debbono mettere al centro anche il tema dello sviluppo («E Veltroni - nota - lo ha messo al primo punto»). «Senza sviluppo non c'è reddito, non c'è welfare, non c'è nessuna prospettiva per i giovani», dice. Epifani richiama anche un'altra parte del programma presentato da Veltroni che corrisponde alle richieste sindacali: il fisco. «Bisogna partire dalle detrazioni per il lavoro dipendente - ricorda - e per le pensioni. Poi si può fare tutto il resto. C'è bisogno di un fisco che parli con amicizia e rispetto al mondo del lavoro». E mentre Nerozzi sdogana la candidatura di Colaninno («Ci sono degli imprenditori corretti, lui è uno di questi. Non come Marchionne che non vuole applicare le leggi sulla sicurezza») dall'esterno piovono critiche. «La Cgil - sottolinea Manuela Palermi (Pdci) - si è sempre caratterizzata per la sua autonomia dai partiti, e invece oggi diventa un pezzo del Pd».