Silvio Berlusconi non si agita neppure un istante. ...
«Ci eravamo detti tre cose - spiega - La prima mandare a casa Prodi, la seconda andare subito alle elezioni e la terza la possibilità di vincere. I due terzi degli impegni presi sono stati soddisfatti, adesso manca il terzo, il meno difficile». Calma, dunque, non c'è motivo di scomporsi. Soprattutto non c'è motivo di parlare di larghe intese con il Pd. Berlusconi lo precisa, subito, parlando alla convention dei Popolari liberali di Carlo Giovanardi (confluito nel Pdl). «È stato un errore della stampa - dice - Io sono qui per vincere e avere una larga maggioranza per poter governare». Il Cavaliere non ha voglia di parlare di accordi con un partito «che ha la faccia tosta di dire che è nuovo. Io sono il nuovo, dato che sono in politica da soli 14 anni. Il Pd ha il coraggio di dire meno tasse, ma questa è una frase che non mi suona nuova». E in ogni caso «sui programmi della sinistra nessuno si può fidare». Nella sala romana del teatro Capranica la platea si accende sul serio. E allora, eccolo, arriva l'affondo a tutti quei partiti che cercano di portagli via voti, a iniziare da Casini: «Non siamo scivolati a destra come i nostri avversarsi dichiarano maliziosamente: noi siamo e restiamo il centro dello schieramento politico italiano». Poi si gira verso Giovanardi: «Sì, noi siamo il centro». Ma, come detto, a Berlusconi non preocupano le urne («abbiamo 12 punti di vantaggio»), ma il dopo. «Riceviamo un'eredità drammatica con conti difficili da governare. Con un'Italia che ha perso la sua dignità all'estero a causa dei rifiuti». Allora bisognerà ricominciare a governare sul serio e attuare «un programma che sia la continuazione del lavoro che ho lasciato. Ci vuole un'economia liberale - dice Berlusconi - delle scuole dove a 18 anni i ragazzi possano essere pronti per il mondo del lavoro. Sabato e domenica faremo insieme le primarie delle priorità per il governo». E dà la sua «ricetta liberale»: «Meno tasse a famiglie, lavoratori e imprese per determinare più consumi, più produzione e più posti di lavoro. E ciò è uguale a maggiori entrate nelle casse dell'Erario, che significano più risorse per le politiche sociali e la diminuzione del debito pubblico. Insomma - spiega il leader del centrodestra - dobbiamo fare quello che Blair e Aznar hanno già fatto». E mentre la folla «cattolica» lo inonda di applausi, intona l'inno nazionale. Poi un pomeriggio a smentire polemiche inesistenti. Dopo quella delle larghe intese spiega di non «aver mai litigato né con Bondi né con Fini ed An per le candidature. E sono pronto al confronto tv con Casini» (che il leader dell'Udc ha accettato). In serata va a trovare anche il coordinatore laziale di FI Francesco Giro, in attesa di un candidato sindaco di Roma che affronti Rutelli. E se sarà l'impegno meno difficile andare al governo, per Berlusconi vale lo stesso concetto per la corsa al Campidoglio. Del Pd non c'è proprio da preoccuparsi. «Loro dicono si può fare, noi faremo». Fab. Per.