Aborto, ecstasy, eutanasia tutti i sì di Veronesi
Ha definito il cibo geneticamente manipolato buono come il pane e si è schierato fermamente in favore dell'eutanasia, rivendicando (per gli altri) «il diritto di morire». Ha stigmatizzando l'ostracismo di alcuni professori universitari nei confronti del Papa, sostenendo che l'annullamento della visita alla Sapienza non era «uno scandalo». Infine, ha invitato il governo a tornare al nucleare, scatenando le ire degli ambientalisti. Un personaggio complesso, Umberto Veronesi. Difficilmente etichettabile. Le sue dichiarazioni sono puntualmente fonte di polemiche. E posizioni come le sue, probabilmente, hanno ispirato Benedetto XVI quando ha detto che «la scienza senza Dio è una minaccia per l'umanità». Il neocapolista del Pd per il Senato in Lombardia ha un curriculum illustre: le sue ricerche sul tumore al seno lo hanno reso famoso in tutto il Pianeta, ha fondato l'Istituto europeo di oncologia e l'associazione italiana di ricerca sul cancro e nel Duemila è stato ministro della Sanità del governo Amato. Ma le idee che coltiva ed esprime lo metteranno certamente in contrapposizione con l'anima teodem dei Democratici, che già l'hanno definito un «testimonial antiecclesiale» e hanno parlato di «deriva laicista». Esaminiamole. Nel lontano 1995 Veronesi è fra i 12 firmatari di un appello per la legalizzazione delle droghe leggere. E il 18 luglio di cinque anni dopo, seduto sulla poltrona di ministro, spiega che «il cibo di Frankestein», cioè Ogm, «non è meno pericoloso del tradizionale pane quotidiano». Il 28 novembre dello stesso anno torna a parlare di droghe, questa volta pesanti, e si sofferma sull'ecstasy, la pasticca dello sballo da discoteca imputata per le stragi del sabato sera. Il paragone è con l'eroina: «L'ecstasy - precisa Veronesi - non è mortale e non dà dipendenza. Se mi chiedessero di scegliere fra i due mali, non avrei dubbi». Il 13 giugno 2006 insiste: «Liberalizzare le droghe pesanti fa calare il numero dei tossicodipendendti». E propone di adottare il «buco di Stato», come in Svizzera. E ancora. Il 29 novembre 2001 avverte: «La ricerca sulle cellule staminali non può essere bloccata» perché «libererà il mondo dalla paura di malattie gravissime». L'11 luglio del 2002, fa barriera sulla pillola del giorno dopo e dichiara: «Una donna ha il diritto di avere un figlio e di programmare quando averlo». E su quella abortiva, la RU-486, dice che «dovrebbe essere usata» ma «nei limiti previsti dalla legge». Il 30 dicembre difende la clonazione: «Non si può parlare di un crimine», afferma. Cavalli di battaglia del celebre oncologo sono anche l'eutanasia («La decisione di un possibile accanimento terapeutico spetta al malato quando ancora può prenderla») e, di conseguenza, il testamento biologico («Io sostengo il valore dell'eutanasia come richiesta volontaria e cosciente di porre fine alla propria esistenza»). Il 30 maggio del 2007 imbocca la via del nucleare e consiglia al governo di costruire «dieci centrali nei prossimi dieci anni». E nel 2008 la Ru-486 diventa «il male minore». Idee sicuramente meditate e rispettabili. Come quando Veronesi dice che «la Chiesa vuole condizionare le scelte di un Paese» che è «a maggioranza non credente, o poco credente». Ma che stridono con quelle di circa la metà degli aderenti al Pd. Come farà il buonista-ma-anchista Uolter a mettere d'accordo le due anime del suo partito politicamente modificato?