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Scajola: "Gli italiani hanno paura. Servono risposte concrete"

Scajola

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Claudio Scajola, presidente del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, risponde sui temi della sicurezza. «Il fatto di aver realizzato una riforma dei servizi condivisa è un grande traguardo, una delle poche occasioni in questa legislatura nelle quali il senso dello Stato ha prevalso sulla violenza del confronto politico. Ma proprio perché i servizi sono un patrimonio delle istituzioni, esiste una continuità che va al di là delle legislature e dei governi: il prossimo Esecutivo potrà certamente compiere tutti quegli adempimenti che sono ancora necessari, e le eventuali messe a punto che l'esperienza concreta dimostrasse necessarie per la sicurezza del paese». La nuova organizzazione ha destato perplessità per quella sorta di spoil system che avrebbe caratterizzato i nuovi servizi con l'esclusione di molti funzionari che facevano parte delle strutture nominate dal governo Berlusconi. «Come accennavo, i servizi di sicurezza sono un patrimonio delle istituzioni. È quindi sbagliato leggere quanto accade al loro interno alla luce dello scontro politico. Il Governo Prodi ne ha nominato i vertici, come era nelle sue prerogative. Ma posso dire che tutti coloro che guidano i servizi, così come i loro predecessori, sono leali servitori dello Stato, che svolgono il loro compito con grande professionalità e spirito di rigorosa correttezza istituzionale». Dopo due anni e mezzo si torna alle urne ma i problemi della sicurezza restano sul tappeto. Progressi contro la criminalità e il terrorismo ma difficoltà sul fronte della sicurezza generalizzata. «I problemi della sicurezza sono una priorità assoluta. Devo dire che se in questi anni l'Italia è stata fortunatamente esente da gravi episodi di terrorismo internazionale, molto lo si deve proprio al generoso impegno dei servizi di sicurezza. Per quanto riguarda il contrasto alla criminalità, il bilancio è decisamente meno positivo: il senso di insicurezza fra i cittadini, l'allarme sociale per i reati, sono sempre più diffusi. Le colpe? Certamente una grave responsabilità è quella di non aver destinato, negli ultimi due anni, adeguate risorse alle forze dell'ordine. Il controllo del territorio e la presenza visibile di poliziotti e carabinieri sono la forma di prevenzione più efficace. Ma per farla occorrono uomini, mezzi, strutture». I temi della sicurezza come entrano nel programma del Popolo delle libertà? «Sono assolutamente centrali: si tratta di una delle priorità per i cittadini. Gli italiani hanno paura: il dilagare dell'immigrazione clandestina, della cosiddetta microcriminalità, degli episodi di violenza efferata significa che la qualità della vita dei cittadini, la loro incolumità e quella dei loro beni che vengono gravemente compromesse. Il nostro impegno è quello di dare risposte concrete, in termini di stanziamenti per la sicurezza ma anche di nuove leggi. Il governo Prodi aveva emesso un decreto per rendere un po' più efficaci le espulsioni dopo un efferato delitto a Roma, ma passata l'emozione iniziale quel provvedimento è stato lasciato vergognosamente decadere. Noi non agiremo così. La gente lo sa, perché ci ha visti all'opera. Io personalmente, da Ministro dell'Interno, ho dato il via all'istituto del poliziotto di quartiere. Un aspetto fondamentale della prevenzione che negli ultimi anni è stato gravemente trascurato. Rilanciare ed estendere la presenza dei poliziotti di quartiere sarà uno dei nostri primi provvedimenti». Non pensa che più che rinforzare le strutture di prevenzione, ci sia bisogno di riformare le leggi sulla custodia cautelare? «Non solo sulla custodia cautelare, per la verità. Anzi, questo è proprio un terreno sul quale bisogna stare molto attenti. La carcerazione preventiva non può essere il rimedio all'eccessiva durata dei processi. In Italia, purtroppo, è paradossalmente più facile stare in carcere prima della condanna che dopo. Molte scelte dipendono dai magistrati, più che dalle leggi. Questo sia per quanto riguarda la custodia cautelare, sia per quanto riguarda per esempio i benefici carcerari per i condannati, previsti dalla Legge Gozzini. È vero che talora vengono compiuti nuovi reati da persone scarcerate avventatamente, ma questo più che dalle leggi dipende da scelte sbagliate di singoli magistrati. E comunque sono casi clamorosi, che fanno notizia, ma statisticamente non sono molto frequenti. Ben più urgente, per esempio, è rivedere la normativa sulle espulsioni di clandestini, che costituiscono motivo di allarme sociale». La Riforma della giustizia è uno dei punti del contratto con gli italiani che Berlusconi si duole di non aver rispettato. Alla luce di quanto accaduto con gli scandali delle scarcerazioni facili, vedi pedofili e rapinatori in libertà, la giustizia è sempre più un nodo da riformare? «La riforma della giustizia non era nel "contratto con gli italiani", per la verità. Ma certamente è uno dei temi più importanti dei quali si era occupato il nostro governo, e dei quali torneremo ad occuparci dopo le elezioni. Non lo faremo in spirito punitivo verso la magistratura, alla quale al contrario va il nostro rispetto e la nostra gratitudine per la fondamentale funzione svolta ogni giorno. Altra cosa sono i comportamenti di singoli magistrati, soprattutto in alcune procure, che sembrano mossi da ansia di protagonismo o addirittura dalla volontà di condizionare la vita politica democratica. Trovo inaccettabile che mentre i processi vanno per le lunghe, mentre l'obbligatorietà dell'azione penale è sempre più teorica - visto che la grande maggioranza dei reati contro la proprietà resta ormai impunita - vi siano magistrati che sprecano tempo e risorse per diffondere pettegolezzi su personaggi famosi dello spettacolo. E ancora più grave la vera persecuzione giudiziaria della quale è stato oggetto per anni il leader della maggior forza politica italiana. Lo ripeto, sono comportamenti individuali, non ascrivibili alla magistratura nel suo complesso. La giustizia italiana deve diventare più europea». E in chiusura, Claudio Scajola, a quale ministero aspira? «Io non aspiro a nulla, se non a continuare a partecipare, sotto la guida di Silvio Berlusconi, a una grande ed entusiasmante battaglia di libertà. Sarà Berlusconi a valutare in che modo io possa essere utile a questo grande impegno».

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