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Il Pd si affida al pop surreale di Jovanotti

Veltroni e Jovanotti

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Il leader dell'Ulivo aggiornato in salsa democratica non fa altro che ripetere lo stesso aggettivo associato a vari sostantivi: «Nuovo». Nuovo il programma, nuovi i volti della politica, nuove le regole (ne sa qualcosa De Mita) per correre col Partito e, dunque, nuova anche la colonna sonora della campagna elettorale. Ecco che allora Lorenzo Cherubini sostituisce il compianto (in tutti i sensi) Rino Gaetano e la sua splendida «Il cielo è sempre più blu», utilizzata da Prodi due anni fa. Lasciando da parte la musica - esaltante quella di Gaetano, ripetitiva e piatta quella di Jovanotti - concentriamoci sul testo. L'autore parla di «case di pane, riunioni di rane, vecchie che ballano nelle cadillac» (nulla a che fare con il pullman di Uolter). Continua con «muscoli d'oro, corone d'alloro» e «canzoni d'amore per bimbi col frack» (???). Per Jovanotti questa è «musica seria, luce che varia, pioggia che cade, vita che scorre», senza dimenticare «cani randagi, cammelli e re magi....». Più che un inno democratico sembra un inno demenziale. Dov'è l'accenno alla «partecipazione», dove si può scorgere «l'apertura al futuro»? E soprattutto, se questo è il futuro, del Pd o, peggio, del Paese, allora molto meglio il passato, e Rino Gaetano. Almeno lui cantava degli antenati degli odierni bamboccioni («chi vive col padre»), del ribellismo criminale («chi fa la rapina»), della disoccupazione («chi chiede un lavoro»), della povertà («chi vive in baracca»), del faticoso mestiere di vivere («chi suda il salario»), del razzismo pre-lega («chi odia i terroni») e, infine, della differenza fra poesia e canzonette («chi canta Prévert, chi odia Baglioni»). I riferimenti socio-politici di Jovannotti, se ci sono, sono talmente remoti che bisogna avere molta immaginazione per scorgerli. Ma forse il «succo» del pezzo jovanottiano sta tutto nel refrain. «Mi fido di te - recita infatti il ritornello - io mi fido di te, ehi, mi fido di te» (essere nuovi vuol dire anche essere chiari, a costo di ripetersi). E si chiude con: «Cosa sei disposto a perdere?». Una domanda-slogan simil-kennediana che calza a pennello all'immagine auto-costruita del segretario del Pd. La riposta la lasciamo agli italiani. Per decidere hanno tempo fino al 13 aprile.

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